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ATTIVITÀ | EVENTI | LA MANO, L'ERRORE, IL TRIONFO - VERDI IN CONSERVATORIO | IL GIOVANE VERDI E LA MUSICA SACRA


LA FORMAZIONE DEL GIOVANE VERDI IN AMBITO ECCLESIASTICO

L'educazione musicale e il ruolo della chiesa nel primo Ottocento
Un tipo di pratica molto diffusa nell’educazione alla musica del nostro passato riguarda l’alfabetizzazione dei giovani in ambito ecclesiastico. La figura dell’uomo di chiesa cattolico, fino alla metà del secolo scorso, coincide spesso con quella di una persona formata da studi musicali di base o avanzati in seminario, corsi un tempo obbligatori, e quindi in grado di trasmettere almeno i primi rudimenti di note e di ritmo alle giovani generazioni, se non altro per educare voci e mani alle complesse esigenze musicali della liturgia. Molti trassero esperienza positiva da questo tipo di formazione, proseguendo gli studi musicali per poi diventare professionisti in questo ambito. Ancora oggi non sono pochi i musicisti, di ogni genere, che ricordano coro, organo e liturgie come prima significativa esperienza musicale dell’infanzia.
Così è stato anche per Giuseppe Verdi e anche grazie a questo clima, di quando cioè “scalpitava alla bella meglio sull’organo”, arrivò all’appuntamento fatidico in Conservatorio a Milano.

Verdi e la musica sacra 1821-1832
I primi stimoli musicali di Verdi maturarono all’interno dell’ambito sacro e sono in qualche modo paradigmatici del tempo suo: le prime nozioni di musica ricevute presso la chiesa di San Michele alle Roncole, a pochi passi da casa, a partire dal 1821, e poi il servizio musicale, nella veste di maestro di cappella e organista in quella stessa chiesa, ruolo che mantenne regolarmente fino ai 18 anni di età, secondo strade già percorse secoli prima da un altro illustre cittadino bussetano, Tarquinio Merula (1595-1665). L’organo di S. Michele, tuttora esistente, fu costruito nel 1797 da Francesco Bossi, uno strumento che il giovane Verdi ebbe modo di conoscere anche nei suoi aspetti costruttivi e fonici: il suo occhio bambino potè seguire direttamente i lavori di ampliamento dei registri voluto dal parroco della chiesa, nel 1821. Anche il Santuario della Madonna dei Prati, una chiesa poco distante dalla casa paterna, separata solo da una lunga passeggiata tra giunchi e pioppi nelle campagne della bassa, divenne meta del servizio musicale di Verdi fanciullo. La chiesa ne conserva ancora oggi l’harmonium da lui suonato.
Non mancò in questi primi anni l’esperienza del comporre, con decisive contaminazioni tra teatro e chiesa. Verdi stesso, nel 1853, così ricorda gli esordi: “dagli anni 13 fino alli anni 18 ho scritto una farragine di pezzi, marcie per banda a centinaia: forse altrettante piccole sinfonie che servivano per Chiesa, per Teatro e per Accademia: cinque o sei tra concerti e variazioni per pianoforte che io stesso suonavo nelle accademie, molte serenate; cantate (arie, duetti, moltissimi terzetti) e diversi pezzi da chiesa di cui non ricordo che uno Stabat Mater”. La volontà di perseguire la carica di maestro di cappella non mancò mai a Verdi in questi primi anni di studio; nel 1829 tentò il posto a Soragna e ancora nel 1835, forse per potersi avvicinare di più a Milano, fece domanda per l’incarico di maestro di cappella al duomo di Monza.

Ch'at vena na saièta
Non sempre però fra clero e giovani “apprendisti” di musica vi era piena identità di vedute. Accadde anche per Verdi, che dopo i continui richiami per la disattenzione in chiesa fu ripreso dal sacerdote con un calcio nel sedere. La risposta di Verdi fu pronta: “Che ti venga un fulmine”, espressa nel dialetto locale.
Anni dopo, il 14 settembre 1828, un fulmine colpì davvero la finestra del santuario della Madonna dei Prati, uccidendo il prete ed altre cinque persone. Si tratta di un aneddoto certo marginale, pur nella sua fatale tragicità, ma indicativo dei difficili rapporti tra musicisti e clero che caratterizzano da sempre la storia musicale, soprattutto nel vivo della pratica e delle scelte di indirizzo liturgico-musicale all’interno delle chiese.

Provesi vs Lavigna
Dal 1823 e fino al 1829, accanto alle lezioni ginnasiali, gli studi musicali di Verdi conoscono un lato più “accademico”. Nel mese di novembre diventa allievo di Ferdinando Provesi (1770-1833) maestro di cappella alla Collegiata di S. Bartolomeo a Busseto, di problematica biografia ma di riconosciute competenze musicali. Provesi, musicalmente “era un uomo che sapeva” e tra i due si instaurerà un rapporto maestro-apprendista tale da permettere a Verdi un’esperienza musicale molto ampia, non solo nell’ambito della teoria e della composizione, ma connotata da una forte impronta legata all’esperienza corale, al confronto con gli altri allievi nelle lunghe giornate di frequentazione, e infine all’attività di copista di partiture e soprattutto di parti vocali e strumentali per le esigenze del culto e del teatro.
Ben diversi gli anni di studio milanesi con un altro maestro del giovane Verdi, Vincenzo Lavigna (1776-1836). Seppure per pochi anni, il maestro al cembalo del Teatro alla Scala fu l’insegnante privato di Verdi, prescelto su consiglio dopo la mancata ammissione al Conservatorio. Da Lavigna, uomo di teatro e allievo di Giovanni Paisiello, Verdi apprese le rigide regole del contrappunto, che il compositore di Altamura conosceva bene. Come ha osservato Mila “il melodramma settecentesco sotterrò la polifonia, ma con un funerale di prima classe”. Il senso di gratitudine di Verdi per questa scuola durò a lungo nei suoi ricordi: “era dotto ed io vorrei che fosserò così tutti i maestri insegnanti”.
Pur nella diversità delle due figure di musicista Provesi, maestro di cappella, e Lavigna, maestro al cembalo nei teatri, incarnano l’importanza di un insegnamento musicale legato all’osservanza di regole musicali di rigido contrappunto spesso adottate negli studi teorico pratici di musica sacra. L’insegnamento di tali regole proviene però da due ambiti socio-culturali molto diversi, quello della provincia e delle cappelle musicali per Provesi, quello dei grandi teatri per Lavigna. Una sintesi di questa doppia capacità si ravvisa anche nello stesso Bonifazio Asioli, primo censore del Conservatorio di Milano o in Stanislao Mattei, primo docente di contrappunto al Conservatorio di Bologna.
L’esperienza durante gli anni di studio con Lavigna e le capacità acquisite dal giovane Verdi sono visibili in un episodio ricordato da Verdi stesso. Lavigna invitò Verdi nel 1834 ad assistere alle prove dell’oratorio di Haydn Die Schöpfung. Per la mancanza dei maestri incaricati Verdi si ritrovò a dover accompagnare la partitura al pianoforte e perfino a concertare, tanto che alla fine fu lui stesso a dirigere la Creazione, l’oratorio che, ironia della sorte, aveva caratterizzato le produzioni musicali più frequenti nei primi anni di attività del Conservatorio di Milano.

Usi e abusi della musica sacra
Uno sguardo più generale sulle vicende musicali del primo Ottocento italiano riconduce però alla grande confusione che regnava al tempo sulla musica sacra, in particolare per la commistione tra musica sacra nello stile osservato e musica sacra teatrale. Una situazione che forma il palcoscenico sul quale fu lo stesso Verdi a doversi muovere. Solo in anni recenti si è iniziato ad approfondire lo studio della musica sacra del XIX secolo, così come solo agli inizi del nuovo secolo il rapporto tra Verdi e la musica sacra è divenuto oggetto di importanti e documentati studi (Rizzo, 2005). Uno dei propositi del Centro Studi Tomo Quarto è proprio quello di contribuire all’approfondimento di tematiche così complesse, in un secolo che produsse una quantità sterminata di musica sacra e liturgica e che toccò tematiche molto diversificate e che vanno dalla mistica romantica tedesca di poeti e letterati sulla musica sacra, fino alle beghe di sagrestia per la scelta di questo o quel repertorio.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Gustavo Marchesi, Verdi merli e cucù. Cronache bussetane fra il 1819 e il 1839 ampliate su documenti ritrovati da Gaspare Nello Vetro, Busseto, 1979
Felice Rainoldi, Traditio canendi. Appunti per una storia dei riti cristiani cantati, Roma, CLV, 2000
Dino Rizzo, Verdi filarmonico e maestro dei filarmonici bussetani, Parma, Istituto Nazionale di Studi Verdiani, 2005

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