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NOTIZIE | ARGOMENTI | AL SACRO TAVOLINO DI BENEDETTO XIV. MUSICA SACRA E POLEMICHE SETTECENTESCHE

AL SACRO TAVOLINO DI BENEDETTO XIV.  MUSICA SACRA E POLEMICHE SETTECENTESCHE

Dirimere le controversie: Prospero Lambertini e l’autorità
Il Settecento del bolognese Prospero Lambertini non coincide con il Settecento musicale. È il Settecento dell’uomo che fu prima arcivescovo di Bologna (1731-1740) e poi Pontefice della Chiesa Universale (1740-1758) con il nome di Benedetto XIV. La sua instancabile attività di pastore, di giuscanonista, di erudito, di osservatore attento dei costumi e delle attitudini umane consente uno sguardo molto efficace sul panorama musicale sacro del tempo, un panorama completamente differente dalle prospettive odierne per forma, ma non, come vedremo, per sostanza. Egli stesso ribadisce in più occasioni la mancanza di una adeguata formazione musicale personale, sebbene giovinetto studiò a Bologna pressso l’Accademia del Porto (prodromo istituazionale della futura Accademia Filarmonica) scuola in cui, tra gli insegnamenti impartiti, figurava anche la musica. Anche il teatro lo vide protagonista in quegli anni di formazione, nel 1689, nella parte del Dottor Balanzone.


Certo per Lambertini si tratta di una prospettiva in qualche modo privilegiata, considerata e vissuta da un punto di vista essenzialmente curiale, e per giunta di un arcivescovo e successivamente pontefice, attivo nella doppia veste di commentatore e di legislatore. Occorre quindi calare questa prospettiva, con le varie disposizioni emanate in materia musicale, nella realtà del tempo, misurarne gli ideali e le problematiche, vagliare la contingenza, i propositi, verificare gli sviluppi, innescati da una dottrina autorevole e sempre puntuale sulle materie più disparate della vita spirituale e pratica della chiesa del suo tempo. Nell’analisi storica moderna si fronteggiano due mondi, da una parte il mondo curiale che tenta attraverso impeccabili ed erudite risposte giuridiche di definire una chiara normativa relativa alla musica per l’attività liturgico musicale della chiesa universale, lo ius musicae liturgicae, dall’altro il mondo musicale che poco curava tali disposizioni, o che non le possedeva affatto se non come abitudine consolidata, in una società che stava sviluppando, secondo il progredire del secolo, un forte anticlericalismo e una progressiva secolarizzazione. Forse già al tempo di Lambertini si trattava di argomenti dibattuti più dalla ricerca erudita di quanto non fossero invece criteri applicabili più direttamente alla vita pratica e artistica della chiesa. In quest’ottica di conoscenza storica fu lo stesso padre Martini, ad esempio, a richiedere, al suo amico e corrispondente Girolamo Chiti, notizie dei decreti di Alessandro VIII, Innocenzo XI e Innocenzo XII sugli abusi riguardanti la musica sacra, «fatti di non poca importanza per la Istoria della musica che io vado tessendo», riferendosi al quarto volume mai pubblicato della sua Storia della Musica, dedicato in ampia parte alla musica sacra.
Dalla duplice prospettiva, curiale ed artistico-musicale, è possibile tentare di elaborare una visione generale della complessa realtà musicale alla metà del XVIII secolo in Italia. È naturale che da queste due tensioni contrapposte, tra volontà di controllo e realtà di fatto della vita musicale,si sviluppasse una situazione oltremodo diversificata, non priva di polemiche, di dissidi, contrapposizioni, litigi, perfino di scandali.
L’ambito artistico della chiesa guidata da Prospero Lambertini riguarda sia la musica sia le arti figurative, oltre alla scrittura, e al teatro.  Il rigorismo cultuale a tutto campo di Benedetto XIV dovette diffondersi assai rapidamente all’interno del mondo cattolico, al punto che nelle sue maglie, per una questione affatto marginale, incappa anche padre Martini stesso: in una lettera indirizzata al pontefice chiede ufficiale dispensa al papa per poter celebrare la messa con la berretta in testa, a motivo dei fastidi stagionali, richiesta alla quale Benedetto XIV risponde positivamente. Più problematica appare invece la richiesta, sempre rivoltagli da padre Martini, di poter consultare libri considerati eretici, per poter proseguire la compilazione della sua Storia della Musica, che rischiava di creare precedenti con una concessione liberale al grande erudito, concessione solitamente legata ad una voce di sicura entrata per gli uffici di curia e che consisteva nella distribuzione a pagamento di licenze per la lettura dei libri proibiti. Due lettere a Benedetto XIV riguardano più in generale la grande passione di entrambi, i libri, e una considerazione sulla personale biblioteca. Anche Lambertini era fornito di una domestica libraria assai ricca e che, nel 1754, donò all’Istituto delle Scienze di Bologna la cui biblioteca (con una raccolta di 80.000 volumi a stampa e 2.500 manoscritti) venne inaugurata nel 1756, divenendo ben presto un modello significativo di Biblioteca dei Lumi.
I documenti
Gli argomenti trattati da Lambertini, compresi quelli sulla musica, furono antologizzati in imprese editoriali in più volumi pubblicati in edizioni diverse già durante il XVIII secolo (i Casus conscientiae in 7 volumi, Napoli, 1772, il Bullarium 1760, le Selectae quaedam constitutiones, e poi ancora le bullae, i decreta, le epistolae) e soprattutto le sue opere più importanti: il De synodo dioecesana e l’Opus de servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione). Tutte opere che godettero di una diffusione non paragonabile agli scritti del predecessore fiorentino Clemente XII o al successore veneziano Clemente XIII.

Gli interventi di Prospero Lambertini riguardanti la musica occupano temporalmente un decennio (dal 1740 al 1750 ca.). Sono gli anni che videro – tra l’altro - l’elaborazione e la pubblicazione del trattato Della regolata divozione de’ cristiani di Ludovico Antonio Muratori (Venezia, G.B. Albrizzi, 1747), trattato sottoposto anche al papa per un giudizio che tuttavia il pontefice non pronunciò mai. I temi musicali possono essere schematicamente riassunti in cinque documenti, di cui quattro già analizzati in uno studio di Osvaldo Gambassi, a cui va aggiunta la questione sui castrati affrontata nel De synodo dioecesana.

Notificazione
18 febbraio 1740

Ordini sopra il rispetto delle chiese della città di Bologna

27 luglio 1746

De synodo dioecesana
– castrati
pubbl. 1748

Enciclica Annus qui

19 febbraio 1749

Breve Demissas preces

22 febbraio 1749
La disamina dei documenti scritti da Lambertini riguardo alla musica pone in linea generale un deciso cambio di approccio metodologico al problema musicale stesso da parte di Prospero Lambertini. Intervenire normativamente sulla musica liturgica, ormai ramificata in mille questioni generali e particolari, non significa più determinare cosa si deve o cosa non si deve fare, o mettere mano direttamente alle melodie per emendare musiche o pratiche degenerate nel corso dei tempi, ma solo consigliare cosa sia meglio evitare per il decoro della liturgia, accordandosi in ciò ad una dottrina cristallizzatasi fin dai tempi più antichi della chiesa. Il potere scoraggiante del brutto emerge con evidenza dal documento ufficiale più importante dell’epoca moderna riguardo la musica sacra: l’enciclica Annus qui.
Canoni del Diritto e canoni dell’Estetica
La Annus qui di Benedetto XIV parte da una considerazione di fondo: per il pontefice l’imminente anno santo doveva essere occasione di mostrare una partecipazione attenta alle cose della chiesa, in modo che i forestieri non fossero scandalizzati da situazioni desolanti o totalmente inappropriate.
Nella produzione dottrinaria relativa alla musica sacra si confondono l’arcivescovo di Bologna, che ben conosceva la realtà grazie a capillari visite pastorali nella sua diocesi, e il pontefice, che riassume nel rigido linguaggio curiale le esperienze di ciò che aveva percepito con orecchie e occhi durante gli anni della sua attività di arcivescovo.
Non si può dire che la musica abbia mai ottenuto una trattazione sistematica ed esauriente. La musica è un fenomeno sfuggente sia per la Chiesa sia per la Società del Settecento. Proprio a partire dal secolo dei Lumi i giudizi sulla musica oscillano tra il Diritto e l’estetica, non più sulla liturgia in senso esclusivo. In ambito dottrinale sono Lascivo e impuro la coppia di aggettivi più ricorrenti per definire i confini della musica liturgica. Si tratta di due termini ripetuti quasi ossessivamente dal medioevo fino al XX secolo e spesso inseriti nei documenti ufficiali. I discorsi ufficiali sulla musica sacra partono dalla sottrazione del termine positivo. Nel secolo che iniziava ad elaborare una complessa concezione estetica del Bello, richiamandosi ad una storia che  ne aveva mostrato i segnali in ogni espressione artistica, il discorso sulla musica procede per il suo contrario: non si ricerca ciò che rappresenta il bello ma si critica ciò che è lascivo e impuro senza tener conto che il significato dei due termini cambia e si modifica radicalmente nel corso dei secoli. Il pulchrum et aptum o ancora il buono, il bello e il vero, che tanta parte hanno nella storia della bellezza, non vengono mai presi in considerazione; nemmeno il concetto di Belle arti, introdotto da Charles Batteux nel 1746, le arti che Giambattista Vico pochi anni prima aveva chiamato piacevoli, investirà l’ambito della musica sacra.

Rimane però evidente un paradosso: da un lato la musica sacra sembra quasi immune dai discorsi filosofici o storicisti del tempo, dall’altro recepisce immediatamente tutti gli stilemi e i gusti del mondo a lei contemporaneo, inserendoli all’istante nel contesto musicale liturgico.
Anche la pubblicistica recente in materia tende a radunare in modo ragionato tutti i documenti scritti dall’autorità ecclesiastica dall’età antica fino a oggi per trovare conferma e conforto ad un tragitto condiviso dalle autorità della chiesa, un fil rouge coerente ma che necessita oggi di una revisione accurata.
La annus qui di Benedetto XIV colma sicuramente un vuoto legislativo all’interno dei documenti ufficiali della chiesa relativi alla musica sacra, comunque ammessa da sempre de jure all’interno della celebrazione liturgica.
Un segno di come i tempi vadano spesso in una direzione diversa da quella auspicata è visibile nella festa musicale (1747) di Giovanni Paolo Panini, oggi al Museo del Louvre di Parigi. Il quadro ritrae il Teatro Argentina di Roma durante una rappresentazione musicale. Nella prima fila sono visibili gli zucchetti rossi su oltre venti teste di cardinali, pari quasi alla metà dei cardinali elettori che sette anni prima (17 agosto 1740) salutarono Lambertini con il nome di papa, e una seconda fila, anch’essa curiale, attente a valutare,come spettatori, un nuovo mondo, quello del teatro in musica, che da allora non sarebbe più stato possibile evitare, nemmeno nella musica liturgica.

Indicazioni bibliografiche
Ludovico Antonio MURATORI, Della musica de gl’Indiani e della lor frequenza alle chiese in: Il cristianesimo felice nelle missioni de’padri della Compagni di Gesù nel Paraguai, in Venezia, presso Giambattista Pasquali, 1743, cap. XII, p. 59 sgg.
Gian Luigi BECCARIA, Sicuterat. Il latino di chi non lo sa. Bibbia e liturgia nell’italiano e nei dialetti, Milano, Garzanti, 2002.
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Arno FORCHERT, Polemik als Erkenntnisform: Bemerkungen zu den Schriften Matthesons in: New Mattheson studies, Cambridge, Cambridge University Press, p. 199 sgg.
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Das 17. und 18. Jahrhundert. Kirchenmusik im Spannungsfeld der Konfessionen, v. 2, Laaber, Laaber, 2011 (Geschichte der Kirchenmusik).
Claudio BACCIAGALUPPI, »E viva Benedetto XIV!« L'enciclica »Annus qui« (1749) nel contesto dei rapporti musicali tra Roma e Bologna, in: Papsttum und Kirchenmusik vom Mittelalter bis zu Benedikt XVI. Positionen - Entwicklungen - Kontexte, Kassel : Bärenreiter, 2012, pp. 222 sgg. (Analecta Musicologica, 47)
Laurenz LÜTTEKEN, Die Rezeption päpstlicher Kirchenmusikverordnungen des 18. Jahrhunderts bei Martin Gerbert, in: Papsttum und Kirchenmusik vom Mittelalter bis zu Benedikt XVI. Positionen - Entwicklungen - Kontexte, Kassel : Bärenreiter, 2012, pp. 190 sgg. (Analecta Musicologica, 47)

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