LA MUSICA SACRA KITSCHDI RAFFAELE DELUCA
Se esistesse un dizionario di musica sacra in lingua italiana, probabilmente la voce enciclopedica musica sacra kitsch sarebbe simile a quella sopra descritta, mai pubblicata. Un nome preciso per connotare un fenomeno molto diffuso in Italia ma ancora privo di una definizione esatta.
Il termine kitsch e la musica sacra
Il termine kitsch è entrato nell’uso linguistico comune nella seconda metà del XIX secolo, quando si è diffuso a partire dal verbo tedesco di tradizione orale kitschen, o dall’yddish verkitschen, utilizzato in ambito artistico in Germania con il significato generico di ”a buon mercato”. L'espressione è relativa alla produzione pittorica d’oltralpe di epoca borghese, ma venne usata anche con il significato di ”scarto” in relazione alla manifattura di oggetti di consumo, sebbene le origini precise del termine restino incerte.
Da un punto di vista storico-musicale sono state tentate diverse definizioni di musica sacra kitsch, vicine al senso universalmente noto di kitsch: musica che non consente analisi (Dahlhaus), musica di consumo, musica triviale, musica sentimentale, sweet song, musica trash, bondieuserie, musica di convenienza, airport art. Con musica sacra kitsch, in generale, si può definire l’attività musicale condotta, talvolta con grande impegno, su fatti sonori di nessun impegno musicale, anche se di effetto.
La musica sacra kitsch è legata al fenomeno di acculturazione consu- mistica delle masse e oggi in Italia coinvolge la quasi totalità del repertorio musicale d’uso liturgico, suscitando enorme interesse per gli aspetti antropologici e sociali che tale utilizzo del kitsch musicale implica in chiesa.
Da un punto di vista quantitativo la musica sacra kitsch è di fatto uno dei generi più diffusi nelle chiese italiane, e ricopre un ruolo di fondamentale importanza, perchè senza il genere musicale kitsch la celebrazione liturgica cattolica si svolgerebbe nel più completo silenzio in moltissime chiese.
Il kitsch religioso si riscontra con più facilità in ambito figurativo, ad esempio nella produzione di oggettistica devozionale, nei piccoli e grandi luoghi di culto; un rosario fluorescente, la testa di plastica di papi e santi sulle bancarelle, una chiavetta usb con preghiera inclusa per evitare la perdita accidentale dei dati, un san Francesco nella bolla di vetro sotto la neve, piccoli esempi per una traduzione immediata in immagini di quanto accade nello specifico in musica.
La musica sacra kitsch, pur essendo diffusa in tutta Italia, non è mai stata definita come tale finora.
Google non offre al momento alcun risultato per la ricerca “musica sacra kitsch” mentre nei paesi anglosassoni (Why catholics can’t sing?) e di area tedesca (Studien zur Trivialmusik des 19. Jahrhunderts) il fenomeno è stato già da tempo preso in considerazione.
C’è però una distinzione: la musica sacra kitsch non si confonde né con l’espressione musicale popolare né con il devozionalismo, anche se sono innegabili forti contaminazioni kitsch tra i generi.
La chiesa cattolica in Italia accetta e anzi favorisce qualsiasi forma di musica sacra kitsch, riconoscendo come proprio il genere musicale “a buon mercato” o “di scarto”, nella liturgia e per incontri religiosi. La forte componente musicale kitsch trasforma molte liturgie, nel senso proprio di opera per il popolo, in momenti decisamente trash. La musica sacra kitsch, dal punto di vista musicale, è totalmente analfabeta, secondo i parametri classici, aspira al bello senza avere capacità tecniche particolari, ed è uno stile musicale che ricerca, attraverso l’uso di testi e di musica a buon mercato, il consenso popolare di un gusto massificato, scelto soprattutto per il coinvolgimento dei giovani. Pur non avendo che vaghe suggestioni religiose al suo interno la musica sacra kitsch si propone come il modello più adatto per la liturgia, perchè si tratta appunto di musica a buon mercato, divertente, priva di impegno in ogni suo aspetto, spensierata, di effetto, molto incisiva, breve, sentimentale, orecchiabile e di facile impiego in qualsiasi contesto e in qualsiasi periodo dell'anno. La musica sacra kitsch riutilizza in prevalenza detriti musicali riadattandoli alla liturgia in forme sempre nuove e originali, con un effetto intenso, coinvolgente, a volte spettacolare, ma superficiale. Soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, grazie anche al fenomeno dei movimenti religiosi laici, la musica sacra kitsch si è consolidata nei repertori d’uso delle chiese, al punto che nei libretti di canto occupa ancora oggi la parte numericamente più consistente di brani. Non c’è stata nel tempo una rigenerazione o un accrescimento. La tendenza kitsch è quella di rinfrescare brani ormai datati, cercando di riproporli come nuovi ai giovani della generazione successiva, semplicemente illudendoli, poichè il kitsch musicale contribuisce a surgelare, sia nell’ascolto che nella pratica, un perenne stato di adolescenza, favorendo purtroppo il divertito e molto ironico compatimento di quei pochi non ancora appassionati al genere kitsch.
David Lachapelle, The Beatification 2009 - Archangel Michael: And No Message Could Have Been Any Clearer
La traduzione del kitsch, come si diceva, può essere più facilmente comprensibile in ambito figurativo. Il risultato sonoro di molta musica sacra kitsch si accosta a modelli iconografici assai diffusi e rappresentativi di un'evoluzione costante nel concetto di sacro, come accade ad esempio in alcuni set fotografici di David LaChapelle; si tratta di effetti artistici e religiosi che la musica sacra kitsch riesce decisamente a superare in aderenza al genere rispetto alle immagini. Il tentativo esasperato di condurre la musica sacra alla modernità, senza considerare la tradizione storica e senza offrire un corrispettivo di normale educazione alla musica, ma anzi permettendo ormai da decenni la totale autonomia musicale, ha portato alla crescita spontanea di sterminati repertori di musica sacra kitsch, al punto che alcuni autori hanno già guadagnato la patente di classici della musica sacra kitsch, come certa musica liturgica di Marcello Giombini, di Pierangelo Sequeri o di Marco Frisina, che hanno saputo cogliere il nuovo genere meglio di altri.
Le infinite discussioni sulla musica sacra sono quasi sempre incentrate sui documenti ufficiali della chiesa, pochi in verità, e talmente ambigui nella loro interpretazione, da permettere tutto e il contrario di tutto. Le argomentazioni, in fatto di musica sacra, non partono quasi mai dal fatto sonoro, analizzato con spartiti e partiture in mano. Questa situazione ha ingenerato una pressoché totale libertà di scelta, fino alla creazione del nuovo genere di musica kitsch che secondo Dahlhaus si può definire come musica non analizzabile (nicht analysierbare Musik), negazione di fatto del concetto stesso di musica.
Organi da chiesa, juke box, distributori automatici
Un parallelo per comprendere meglio la diffusione della musica sacra kitsch è visibile nello sviluppo dei piani economici e industriali della compagnia americana Wurlitzer, la casa produttrice di organi e pianoforti elettrici, attiva dal 1853 fino al 1985. L’azienda americana iniziò dapprima con la produzione in serie di organi elettrici, ottenendo in breve tempo un successo mondiale. Non è difficile trovare questo tipo di organi elettrici ancora oggi, assemblati nelle loro fogge accattivanti, anche se retrò, con molti registri colorati, forniti di effetti sonori improbabili da videogame, dotati spesso di due tastiere e di una piccola pedaliera. Nel tempo vennero aggiunti ritmi e campionature di vari altri strumenti. La Wurlitzer si rese presto conto dell’incertezza del mercato e si interessò anche alla produzione di juke box arrivando a realizzarne oltre 750.000 unità, fino almeno al 1974, anno in cui cessò la produzione. L’attività industriale proseguì poi con un’altra invenzione epocale, ovvero i distributori automatici di bevande, sigarette, giornali, surgelati e snack, erogatori che ancora oggi connotano il paesaggio urbano, nei luoghi pubblici, di ritrovo, nelle stazioni o negli uffici. La Wurlitzer ha contribuito alla diffusione in case private dello strumento più caratteristico della musica sacra, l’organo.
Ciò che accomuna juke box e distributori automatici è la loro incredibile somiglianza con l'organo: i primi juke box ricordano la consolle di un organo; anche i distributori automatici, con i tasti di erogazione del prodotto, richiamano i registri di un organo. Sono evidenti le analogie con la musica sacra kitsch: innanzitutto la spersonalizzazione di uno strumento musicale fino ad allora ritenuto opera di alto artigianato e non industriale, destinato alla chiesa e non a case private o a club; l’organo elettrico conclude una parabola iniziata dalla musica sacra teatrale ottocentesca, che già aveva arricchito le possibilità espressive dell’organo italiano con effetti più simili a quelli di una banda, per incontrare i gusti della massa. Proprio in relazione alla sua diffusione massificata, all’abbassamento delle risorse musicali espressive offerte dallo strumento e all’annullamento delle capacità tecnico-artistiche richieste per il suo utilizzo, l’organo elettrico ha contribuito non poco alla diffusione della musica sacra kitsch. Un uso dello strumento con inedite virtù elettrodomestiche e percepito come normale arredo grazie anche alla somiglianza con oggetti altrettanto massificati e tipici della vita quotidiana degli individui, appunto il juke box e il distributore automatico.
In un’ottica kitsch l’organo elettrico vince sull’organo a canne, non solo nella resa sonora molto più attuale, ma anche nella praticità a buon mercato dei suoi costi, del suo posizionamento, fatta salva la necessità di una presa di corrente. L’organo elettrico inoltre non prevede un organista professionista per l’utilizzo, e può più facilmente spaziare tra generi molto diversi come il rock o il jazz rispetto all’organo meccanico.
Juke box e distributori offrono spunti kitsch ulteriori:
perchè non preferire durante la liturgia un juke box o un distributore automatico di canti rispetto all’attività di un coro che spesso deve mediare tra molte variabili quali i lunghi tempi di studio, le proprie possibilità di miglioramento e di ampliamento del repertorio, la disponibilità dei cantori?
La diffusione della musica sacra kitsch
La rapida diffusione della musica sacra kitsch all’interno della chiesa, a livello mondiale, può essere motivata da almeno tre cause che cercheremo in breve di enunciare, partendo dalla situazione italiana. Le prime due cause, strettamente collegate tra loro, sono la mancanza di un clima culturale e, di conseguenza, la totale mancanza di formazione musicale; il terzo motivo riguarda la posizione ufficiale della chiesa che si è sempre espressa sulla musica sacra secondo il magistero, tentando di porre rimedio al brutto esistente, piuttosto che proporre nuove linee di indirizzo.
Una constatazione degli effetti di questa mancanza, negli Stati Uniti, è stata messa in luce da Thomas Day (bibliog., 1990) ed è la seguente: To stand in the middle of a catholic congregation, surrounded by row after row of people ignoring music they are supposed to sing, can be an unsettling experience; it looks like something from the theater of the absurd. When hundreds of parishioners packed into a church do not even make an attempt to sing Silent Night - something I have witnessed - you have a religious, social, and cultural breakdown of astounding proportions. [Stare in mezzo ad un’assemblea cattolica, circondati fila dopo fila da persone che ignorano musiche che in realtà dovrebbero conoscere, può essere un’esperienza inquietante, qualcosa di simile al teatro dell'assurdo. Se centinaia di fedeli stipati in chiesa non fanno nemmeno un piccolo sforzo per cantare Astro del ciel – cosa che ho potuto verificare – si assiste ad un cortocircuito religioso, sociale, e culturale di proporzioni inaudite].
1. mancanza di un clima culturale
È risaputa la cronica mancanza di educazione alla musica in Italia. Ciò ha portato a considerare la tradizione storico musicale della chiesa come qualcosa di fondalmente noioso, deprimente, incomprensibile. Una civiltà musicale di incomparabile importanza come la nostra si è così ridotta a fastidioso orpello storico con sindrome museale. Manca la figura di un esperto, docente o educatore o ecclesiastico, che sappia mediare tra la musica e l’assemblea, offrendo modelli interpretativi della grande varietà di musica che da sempre connota la nostra tradizione di musica sacra e di cui anche la musica sacra kitsch fa da tempo parte. Per rendersene conto basta entrare in una chiesa e prendere un libretto dei canti, la scarsa cura della confezione editoriale, le premesse che spingono alla modernità citando frasi di gente vissuta nel V secolo o giù di lì, la qualità kitsch dei testi e delle rime, l’assenza totale di note musicali.
A questo aspetto aveva cercato di porre rimedio, con grande lungimiranza, il Concilio Vaticano II, ma il dettato conciliare non è stato ancora preso in seria considerazione. Mentre nei paesi del nord, in genere con solida base musicale, la musica sacra kitsch può essere un aspetto inclusivo in rapporto alla cultura musicale di un popolo, ovvero rappresentare una parte degli interessi musicali di un individuo, in Italia, del tutto priva di una cultura musicale di base, la musica sacra kitsch è una componente esclusiva, ovvero tende ad essere l'unico genere ammesso e praticato in chiesa.
2. assenza totale di formazione
Oltre al gusto, manca anche l'educazione alla musica sacra, a qualsiasi livello e a qualsiasi età. La musica sacra kitsch nasce come ricerca personale di un senso musicale legato al sacro, in un contesto di totale assenza di formazione musicale.
Sembra prevalere oggi, tra le finalità assegnate alla musica sacra, il compito di creare a tutti i costi un clima di festa, impresa kitsch per eccellenza, riservando qualche aspirazione verso una soggettiva ricerca di bellezza, operazione che supera decisamente il kitsch, per diventare una proposizione patetica, se riferita alla musica e alla liturgia. Appassionati e autodidatti si sentono automaticamente investiti del ruolo di maestri di cappella, e apportano il proprio contributo in totale autonomia, facendo cantare gruppi estemporanei, normalmente frequentati per altri motivi, catechismo, gruppi liturgici, educatori. I risultati ottenuti, nella maggior parte dei casi, rientrano nel genere kitsch.
Anche su questo punto la Sacrosanctum concilium aveva invitato alla seria formazione musicale dei presbiteri e all'istituzione di scuole di musica sacra atte a favorire una crescita musicale comune. Sembra però che non ci sia il tempo per ragionare concretamente su temi come questi.
Passione e buona volontà non sono due caratteristiche sufficienti. Quella del musicista è una professione e i musicisti non mancano certo. Nessuno affiderebbe ad un appassionato di architettura la costruzione di una chiesa, e nessuno affiderebbe ad un appassionato di storia dell’arte il restauro di affreschi o di dipinti.
Per la musica è diverso perchè il riconoscimento di una formazione implicherebbe anche il riconoscimento economico di una collabo- razione professionale per il musicista oltre al sostegno di aspetti organizzativi complessi nella vita culturale di una comunità: in entrambi i casi la musica sacra kitsch, nel suo senso proprio di musica “a buon mercato”, elude entrambe le questioni con grande eleganza.
3. evitare il brutto
L'ultimo punto conduce ad una riflessione storica a partire dai documenti ufficiali della chiesa cattolica riguardanti la musica sacra, che non sono molti. Ammontano anzi a poche decine, dall’inizio della Storia della Chiesa fino a oggi. Più numerosi sono invece gli interventi dispositivi circostanziati alla contingenza di diverse realtà religiose e sociali. Ciò che accomuna tutti questi documenti, almeno fino al XX secolo, è una posizione negativa rispetto alla musica: la chiesa prescrive solo ciò che bisogna non fare.
Dal XVI secolo a oggi ricorrono in particolare i termini di lascivus e impurus, due aggettivi che, rientrando nel campo della morale, sono passibili di giudizio secondo le norme di diritto canonico e giustificano il fatto che la musica venga de jure permessa dalla chiesa, ma solo se priva di quei due aspetti. Il problema fondamentale è che il concetto di lascivus e impurus si evolve nei secoli, le messe di Josquin ritenute tali nel XV secolo per gli spunti profani da cui provenivano certe melodie utilizzate nella composizione, sono oggi considerate come veri e propri momumenti del contrappunto.
Il tentativo di invertire questa posizione negativa inizia solo alla metà del secolo XX con una spinta decisiva non più al contenimento del brutto, ma verso la ricerca della “bellezza”. L’interpretazione molto soggettiva dell’idea di bellezza e le mancanze rilevate nei due punti precedenti hanno senz’altro contribuito alla diffusione del nuovo genere di musica sacra kitsch.
Alcuni esempi di musica sacra kitsch
La musica sacra kitsch, per chi voglia avere un riscontro immediato del genere, ha la sua apoteosi nei matrimoni, e tuttavia le cerimonie nuziali rappresentano solo una minima parte di impiego della musica sacra kitsch.
Una tipologia di musica sacra kitsch è riconducibile all’adeguamento di testi e musica alla vita di tutti i giorni, un controsenso molto forte perchè in genere il sacro, fin dalle origini e in tutte le diverse confessioni, evita il contatto con il quotidiano per offrire modelli di riflessione musicale, umana e spirituale dal valore universale e atemporale. Nella musica sacra kitsch degli anni Settanta, per esempio, non è infrequente trovare i termini ricorrenti del boom economico, urbanistico e tecnologico di allora, accostati a riferimenti religiosi, con un corredo musicale di semplici accordi per chitarra o di melodie di vaga ispirazione cantautorale. Dio è il l’acciaio e il cemento della vita, è l’antenna televisiva che capta i sentimenti, è l’elettrone attorno a cui si muove la ricerca spirituale dell’uomo. La sufficiente distanza di tempo fa apparire quel tipo di uso linguistico decisamente kitsch, ma la tendenza a tradurre testi e musiche con mode del proprio tempo perdura ancora oggi; un esempio è dato dall’inserzione nei canti a sfondo religioso di temi e soggetti tratti dai cartoni animati, come nella canzone Supergesù.
Un altro spunto è dato dalla durata. Una celebrazione oggi non può durare più di un’ora e di conseguenza anche la musica ha dovuto adattare i tempi, fino ad assecondare in poche battute o pochi istanti i ritmi della liturgia, avvicinandosi così ai tempi televisivi dei vari modelli pubblicitari o del cinema.
Un’altra tipologia riguarda i discorsi kitsch sulla musica sacra, sintetizzati in frasi diventate di “scarto” per il loro uso massificato tipo “chi canta prega due volte” oppure “la messa non è un concerto”, “deve cantare tutta l’assemblea”, “il prete non è mica un musicista” o ancora “il latino è una lingua morta che nessuno capisce” e molte altre. La stessa locuzione “coro della parrocchia” è kitsch poichè nell’immaginario collettivo connota un gruppo di sfigati che ha tempo da perdere per un’attività sostanzialmente inutile e non un gruppo di privilegiati che ha occasione di condividire conoscenze, gusti musicali, esperienze, coltivando un interesse impegnativo e che non è mai stato, in tutta la storia della cultura e dell’intelligenza umana, un semplice interesse a buon mercato.
Conclusioni
Nel corso della storia uno dei generi letterari più utilizzati per parlare di musica sacra è stato la Polemistica. Su questo siamo senz’altro tutti d’accordo. Su quanto scritto nelle righe sopra forse no. Poichè è nel nostro interesse riflettere in modo costruttivo sulla musica sacra vorremmo condividere in tale forma costruttiva eventuali considerazioni sull’argomento. La musica sacra kitsch ha il grande vantaggio di farci credere tutti un po' più musicisti e un po' più colti musicalmente rispetto alla media.
Per questo motivo rinviamo alla nostra pagina facebook
e a un indirizzo mail cui eventualmente scrivere per commenti: info@tomoquarto.it
Concludiamo però con uno spunto kitsch:
non si capisce,
vista l’esasperata ricerca di modernità verbale e melodica
perseguita dalla musica sacra kitsch,
come mai nessuno si sia ancora accorto del fatto
che Nazaret faccia rima con internet.
Non lo si dica troppo in giro.
_____________________________
bibliografia
Sebastiano Maggi, Dissertazione sopra il grave disordine od abuso della moderna musica vocale ed instrumentale che si è introdotta e si usa a nostri dì nelle chiese e nei divini uffizii, Venezia, Alvisopoli, 1821
Fiorenzo Romita, Jus musicae liturgicae. Dissertatio historico-iuridica, Roma, Edizioni giuridiche, 1947 (Ephemerides liturgicae. Sectio practica, 2)
Carl Dahlhaus [a cura di], Studien zur Trivialmusik des 19. Jahrhunderts, Regensburg, Bosse, 1967
Thomas Day, Why catholics can’t sing. The culture of catholicism and the triumph of bad taste, New York, Crossroad, 1990
Ernst H. Gombrich, Arte e pubblico. Artisti, esperti, clienti, Milano, Mimesis, 2013
Vittorio Messori, Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con il cardinale Joseph Ratzinger, Milano, Mondadori, 1993
Gillo Dorfles, Kitsch: an anthology of bad taste. With contributions by John McHale [et al.] ; and essays by Hermann Broch and Clement Greenberg, London, Studio Vista, 1969
Umberto Eco [a cura di], Storia della bruttezza, Milano, Bompiani, 2007