Fra i fondi documentari più cospicui, anche in considerazione del numero e la ininterrotta serialità dei pezzi (per una rassegna completa si rimanda agli inventari pubblicati in .pdf nel sito internet dell'Archivio capitolare), si segnalano soprattutto i registri relativi alla Sacrestia di San Zeno (sec. XIV-XIX), che hanno costituito la fonte elettiva sulle vicende del Duomo attraverso i secoli nell’ampia ricerca di don Alfredo Pacini, La chiesa pistoiese e la sua cattedrale nel tempo. Repertorio di documenti, I-XII, Pistoia, 1994-2004.
Altre serie documentarie insigni sono i registri della Massa canonici (1290-1794) e i registri del cosiddetto Dazio romano, le Rationes decimarum (1348-1782), fonti straordinarie della vita economica del territorio pistoiese e dell’articolazione degli insediamenti religiosi in diocesi.
La cospicua raccolta di pergamene un tempo conservate presso l’Archivio Capitolare di Pistoia (1720 pezzi, con date dal 857 al 1568) fu trasferita a Firenze a seguito del motu proprio del granduca Pietro Leopoldo di Lorena del 24 dicembre 1778 ed è ora consultabile (per i documenti datati fino al 1398) sul sito www.archiviodistato.firenze.it dell’Archivio di stato di Firenze, fondo Pistoia, San Zenone; attualmente l’Archivio Capitolare ha un diplomatico di 272 pezzi (sec. XIII-XX), per la maggior parte lascito testamentario del canonico Atto Maria Arfaruoli (m. 1791).
Nella sezione C dell’Archivio è conservata l’antica biblioteca dei canonici, i libri Sacristiae Sancti Zenonis, una raccolta documentata da sei inventari medievali (secc. XII-XIII, 1372; 1383; 1432; 1441; 1487-1497), l’ultimo dei quali attesta una libraria di 87 opere in 90 volumi (fra questi libri si trovano anche alcuni incunaboli). Questa biblioteca è articolata in due strati cronologicamente distanti: la raccolta degli inizi del XII secolo, che ebbe significativi incrementi fino alla metà del XIII secolo, e la collezione donata fra il 1487 e il 1497 dal canonico Girolamo Zenoni, a sua volta copista e miniatore. Lo Zenoni curò anche una sistemazione complessiva della biblioteca capitolare, i cui libri, in larga parte rilegati ex novo, erano incatenati a una serie di banchi. In questa riorganizzazione fu usato il massimo impegno per salvare fascicoli sparsi, fino ad allora mai legati in volume, e frammenti di codici dei secoli XII e XIII. Dopo il riordino di Girolamo Zenoni non si registrano incrementi sostanziali alla biblioteca dei canonici, che anzi subì la sottrazione di volumi insigni, soprattutto libri miniati del XII secolo; in età moderna l’antica libraria Sancti Zenonis, priva di una specifica funzione, diventa una sorta di raccolta fossile che fu infine inglobata nell’Archivio Capitolare, come già testimonia l'inventario dell’Archivio iniziato nel 1729.
Stefano Zamponi
La Cattedrale di Pistoia è stata da sempre un centro musicale di importanza tutt’altro che trascurabile, non solo in rapporto alla città, ma anche in senso assoluto in Italia. Basta, infatti, scorrere l’elenco dei maestri di cappella che si sono succeduti per rendersene conto. Non c’è quindi da stupirsi che la Bibliotheca musicalis dell’Archivio Capitolare abbia un’importanza ragguardevole.
Originariamente e di per sé la sua funziona era eminen- temente pratica: la conservazione del materiale, a stampa o manoscritto, necessario al servizio liturgico musicale della chiesa più importante della città, il che era e resta tuttora il suo elemento principale e caratterizzante. Per motivi i più disparati, però, in essa sono via via confluiti consistenti apporti da altre provenienze (mai, comunque, da fuori città). Queste nuove acquisizioni in genere non erano di natura strettamente liturgica, anzi si trattava per lo più di musiche decisamente profane. Uno dei nuclei più significativi è il fondo musicale della chiesa di San Filippo, un tempo officiata dai padri dell’Oratorio e nella quale si eseguivano regolari stagioni appunto “di oratori”; ci sono poi la donazione della famiglia Gherardeschi, con musiche liturgiche e operistiche, la donazione Rospigliosi, consistente soprattutto in manoscritti di musiche cameristiche della metà del '700, ma anche in opere a stampa, in preziosi libretti di oratori, di libri e giornali di argomento musicale di vario genere e, ultima in ordine di tempo, la donazione Baldi Papini, costituita da materiale eterogeneo, fra cui testimonianze di primissimo ordine sull’uso dell’organo pistoiese in composizioni di Giovan Pietro Baldi (1776-1835), una delle quali (esempio unico assoluto) scritta appositamente “per il grand’organo di San Pietro [maggiore] di Pistoia”. La tendenza, quasi istintiva, di convogliare i fondi musicali della città nel deposito unico della Cattedrale è indubbio segno che esso era considerato più o meno coscientemente ed esplicitamente, un punto di riferimento ed il naturale centro di documentazione sulla sviluppo della vita musicale pistoiese.
Umberto Pineschi