Introduzione
Il rapporto con la Chiesa ha caratterizzato la storia dell’Accademia Filarmonica sino dalla sua fondazione (1666). Le feste annuali con Messa e Vespri in onore del Patrono dell’Accademia Sant’Antonio da Padova, eseguite in San Giovanni in Monte, furono l’esempio emblematico del carattere devozionale della Congregazione dei Filarmonici.
Divenuta depositaria dello stile ‘osservato’ della musica ecclesiastica, che si ispirava ai modelli classici rinascimentali, l’Accademia ottenne il riconoscimento ufficiale dei propri Statuti dai papi Clemente XI (1716), Benedetto XIV (1749), Clemente XIV (1772), Pio IX (1847).
Simbolo del legame dell’Accademia con la Chiesa fu la carica istituzionale dei Cardinali Protettori, che dal 1713 al 1860 si successero a guida del sodalizio, contribuendo in maniera determinante all’accrescersi del prestigio e dell’influenza internazionale dell’Accademia stessa. Anche dopo l’unità d’Italia (1860), cessata la carica istituzionale dei Cardinali Protettori, il legame dell’Accademia con la Chiesa è rimasto sempre molto vivo, ed i nomi dei Cardinali Arcivescovi di Bologna hanno continuato ad essere inscritti nell’Albo d’Onore accademico.
La ricerca su I Cardinali protettori e i rapporti con la Chiesa nella storia dell’Accademia Filarmonica di Bologna è basata in gran parte su documenti inediti conservati nell’Archivio dell’Accademia, in particolare sui Verbali delle adunanze e sui Carteggi. Nel quadro affascinante che ne emerge, da una parte si può cogliere il ruolo di primo piano svolto dai Cardinali nell’affermazione del prestigio internazionale dell’Accademia, dall’altra traspare la grande capacità di adattamento dell’istituzione in rapporto alle inevitabili trasformazioni della società nel corso dei secoli, pur mantenendosi inalterati i valori essenziali che avevano animato il sodalizio sin dalla sua fondazione. Un’ampio corredo di riproduzioni fotografiche e di note biografiche completa lo studio, che rappresenta un importante contributo per la conoscenza della storia dell’Accademia Filarmonica.
L'Accademia Filarmonica di Bologna, fondata nel 1666 dal nobile Vincenzo Maria Carrati (1634–1675) con il profilo di corporazione a salvaguardia del prestigio e della professionalità dei suoi membri, fu dotata sin dalla sua fondazione di regole capitolari che ne regolavano il buon andamento: quale patrono dell’Accademia fu scelto Sant’Antonio da Padova, come stemma un organo con il motto ‘Unitate melos’. Gli accademici si dividevano in tre classi: compositori, cantori e suonatori. Venne stabilito di eleggere ogni anno, per voti segreti, un accademico compositore come Presidente dell’Accademia, col titolo di Principe, perché vegliasse con la sua autorità e il suo prestigio “alla conservatione dell’unione”.
In virtù delle primissime regole capitolari venivano stabiliti una serie di obblighi devozionali, quali le preghiere giornaliere e la celebrazione annuale di una Festa pubblica in onore del Santo Patrono, solennizzata in una delle principali chiese di Bologna, con Messa e Vespri composti ed eseguiti dagli accademici stessi. Le Feste divennero un punto di contatto tra l’Accademia e la cittadinanza, “oggetto al tempo stesso di orgoglio professionale e di pietà”. [1]
Il 18 luglio 1667 la Messa solenne fu celebrata nella chiesa di Santa Maria dei Servi, nella quale era stata esposta l’immagine nel Santo patrono, sontuosamente addobbata: a quella festa fu grande il concorso di popolo “per la varietà et esquisitezza e quantità dei musici forestieri e degli accademici qui residenti”. [2]
Negli anni seguenti 1668 e 1669 (19 giugno) le funzioni annuali sacre in onore di Sant’Antonio da Padova furono celebrate nella chiesa di San Giovanni in Monte, mentre nel 1670 nella chiesa dei RR. PP. Predicatori di S. Domenico “vagamente parata col concorso d’infinito popolo e coll’intervento dei più scelti e degni soggetti di questi nostri accademici, oltre quantità di musici forestieri”. [3] Il cronista Domenico Maria Galeati, nel suo Diario su Bologna, ricorda che tale solenne funzione venne celebrata in detta chiesa “con tutto decoro e splendore e magnificenza, e furono sbarrati raggi (sic) e mortaletti, illuminata la torre, ecc.”. [4]
Nell’anno 1671 la funzione sacra venne celebrata con grande sfarzo nella chiesa di San Giovanni in Monte; nel 1672 nella chiesa dei Canonici di San Salvatore “riccamente parata”, alla quale presero parte 110 esecutori; e in tale occasione si distribuirono componimenti poetici a lode del Santo Patrono dell’Accademia; nel 1673 le sacre funzioni furono celebrate nella chiesa di San Martino Maggiore, nel 1674 nella chiesa di San Francesco e infine, dal 1675 in poi, nella chiesa di San Giovanni in Monte, secondo le ultime volontà del benemerito fondatore dell’Accademia conte Vincenzo Maria Carrati, depositate il 15 aprile 1675 poco prima della sua morte presso il notaio Brighenti.
Non appena finita la festa annuale in onore di Sant’Antonio da Padova, il conte Vincenzo Maria Carrati era solito invitare nella sede accademica coloro che avevano preso parte alla solenne funzione, e nella sala adibita alle esercitazioni musicali era imbandita su una grande tavola un’abbondante rinfresco consistente in “formaggio di forma, mortadella, torta, offelle, frutta e finocchi secondo la stagione, vino bianco e nero squisito, e la detta robba era in tale abbondanza che era soprabbondanza per tutti al numero di circa a cento; e dippoi nella stanza contigua che guarda sulla via pubblica, stava preparata una piatanza di dulciari per ciascheduno, che singolarmente si dava a tutti quelli che avevano operato in detta festa secondo il loro grado, la quale piatanza consisteva in zuccherini, biscottini, scatole di cotognata et altro con due bracciatelle per ciascheduno” [5] e tale consuetudine fu sempre seguita dai successori della nobile famiglia Carrati.
Le funzioni annuali in San Giovanni in Monte assumevano il più delle volte un tono di singolare importanza artistica, e per i nomi celebri degli accademici chiamati a parteciparvi con le loro composizioni, quali il Torelli, il Gabrielli, il Marcello, il Martini, il Perti, e per il numero considerevole degli esecutori che, da un minimo di novanta, arrivavano a un massimo di centoventi, prescelti fra gli accademici più degni residenti a Bologna e fra altri forestieri che andavano a gara per prender parte a tali solennità; né va dimenticato che anche i cantanti d’opera, che si trovavano a Bologna per gli spettacoli teatrali, offrivano volentieri e disinteressatamente la loro disponibilità per il maggior prestigio e decoro dell’istituzione. In alcune circostanze solenni venivano anche distribuiti al pubblico accorso componimenti poetici in lode del Santo Patrono dell’Accademia.
A tutte le spese di tali solennità, e ad altre eventuali nel corso dell’anno, provvide fino alla sua morte il benemerito fondatore conte Vincenzo Maria Carrati; e nelle spese erano pure comprese quelle delle pietanze da distribuirsi, a funzione finita, agli esecutori, le quali consistevano “in bracciadelle, in biscottini fabbricati dalle Monache di S.Agostino e in zuccherini pure da esse fabbricati” [6], mentre agli ufficiali e ai compositori veniva usato un trattamento diverso, e cioè, oltre alla pietanza, venivano regalati i confetti.
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[1] Laura Callegari, Le Cerimonie annuali dell’Accademia Filarmonica in San Giovanni in Monte: le feste di S. Antonio, in Studi e Materiali per la storia dell’Accademia Filarmonica I, AMIS, Bologna 1990, p. 13.
[2] Bologna, Archivio di Stato, Sez. Demaniale, Fondo RR. PP. Serviti di Bologna, 189/6777.
[3] Bologna, Accademia Filarmonica, Libro grande, p. 147
[4] Bologna, Archiginnasio, D.M. Galeati, Diario di Bologna, IV, c. 101.
[5] Bologna, Accademia Filarmonica, Tomo Aggregazioni, Segn. 2 cc.223–5.
[6] N. Morini, L’Accademia Filarmonica di Bologna (1666–1966) I, Fondazione e vicende storiche, Bologna, Tamari 1967, p. 22.
Attorno al 1710, erano già trascorsi circa 50 anni dalla sua fondazione, l’Accademia Filarmonica si trovava in non floride condizioni economiche; inoltre gli Statuti allora vigenti, redatti dal padre Florido Maria Grandi nel 1689, da una parte necessitavano di un’ ‘imprimatur’ da parte di una autorità ufficiale, dall’altra andavano modificati in nuove Costituzioni poiché, anche a causa della loro prolissità, non erano più confacenti alla realtà nel nuovo secolo. Affinché l’Accademia Filarmonica potesse continuare a incidere sulla vita musicale bolognese dell’epoca, si rendeva necessaria la protezione di un’alta personalità ecclesiastica che con il suo magistero e con la sua influenza potesse garantire l’armonico dispiegarsi delle attività accademiche; nell’adunanza del 29 luglio 1713, fu posto all’ordine del giorno la ricerca di un protettore:
“Adunati i nostri Sig.ri Accademici nella scuola di San Petronio, si discorse sopra gli interessi dell’Accademia e di eleggere un Protettore, onde a ciò fare fu concluso dal Sig. Principe, che ognuno colle fave potesse dire il suo parere. Che però si pose partito di dare facoltà al Sig.r Pietro Giuseppe Sandoni moderno principe dell’Accademia, di potere inesivamente anche alla primiera Istituzione dell’Accademia, interporre pratiche, ed uffici di rispetto, e di umiliazione in nome dell’Accademia presso personaggio tale, che costituito in dignità anche riguardevole, potesse assumere la Protezione della nostra Accademia, accreditandola ancora non solo colla sua autorità, ma con que’ favori che per benignità si disponesse a compartire per decoro e per servigio di questa Adunanza, con obbligo al medesimo Sig. Principe Sandoni, trovata che abbia la disposizione nel Personaggio di tal grado, di doverlo riferire all’Accademia in pieno numero congregata”. [1]
Fu così che nell’agosto del 1713, per interessamento della contessa Antonia Cevi Piatesi di Bologna, il Cardinale Pietro Ottoboni [2] accettò di gran cuore la carica di Protettore che gli era stata offerta, offrendo con una lettera del 12 agosto 1713 alla Contessa Cevi Piatesi la sua opera in favore dell’Accademia; scriveva Ottoboni:
“Da tante riprove che ho della singolar bontà di V.S. Illma verso di me, non posso non esserne pienamente persuaso, e non averne quella gratitudine, e riconoscenza, che ella merita. Avendo però sentito dalla sua gentilissima lettera il cortese pensiero, che li Sig. Accademici Filarmonici hanno avuto di eleggermi per loro Protettore, non solamente ne accetto volentieri l’invito, e procurerò di assisterli in tutte le occorrenze, che da essi mi saranno rappresentate, ma ricevo da ciò un particolar contento con incontrare le soddisfazioni di una dama delle sue qualità, che ritroverà sempre appresso una stima ben distinta, e altrettanto desiderio di dimostrargliela in ogni rincontro di servirla”. [3]
A questa lettera del Cardinale Ottoboni, gli Accademici risposero il 16 agosto 1713:
“Prerogativa niun altra più riguardevole poteva giammai qualsiasi altro fregio fortunatamente acconsentirsi a questa nostra Accademia di quella, che dalla generosa propensione di accoglierla sotto l’auspicatissimo titolo del di Lei veneratissimo Padrocinio. Eccoci pertanto per lo gran debito, che a noi corre in atto il più riverente, che per noi si possa, ad umiliare alla S.V. la confessione più rispettosa della conoscenza di si gran beneficio, accompagnata dal più divoto rendimento di grazie, che possa prodursi da cuori infinitamente obbligati alla grandezza del di Lei animo, e a dichiararci alla S.V., che le nostre voci non suoneranno mai altro, che applausi al di Lei Nume, e che ogni nostro concento mirerà sempre a renderle in copioso numero le testimonianze più piene dei nostri infiniti doveri. Accolga l’E.V. come ne la supplichiamo, i tributi dell’umilissima nostra divozione, e facendo gloria a se stessa delle sue beneficenza, conceda alla nostra venerazione, che umiliati al bacio della sacra Sua Porpora, possiamo perfettamente gloriarci di dovere essere mai sempre dell’E.V.
Umilissimi, Devotissimi e Obbligatissimi Servitori
Gli Accademici Filarmonici
Bologna, 16 agosto 1713”. [4]
Il 12 settembre vennero lette altre due lettere del Cardinale Ottoboni, una diretta agli accademici filarmonici e una al Principe dell’Accademia Giuseppe Sandoni. Scriveva Ottoboni, il 26 agosto 1713:
“Con aver io assunta la Protezione di codesta Accademia, siccome il mio principale oggetto è stato di incontrar le soddisfazioni delle SS.VV., così venendomi queste espresse nella loro lettera, possono essere certe, che mi sono di molto gradimento, e che mi danno maggior motivo di procurarle nelle occorrenze, ove possa giovare all’Accademia medesima, ed a ciascuno di loro. Intanto ringraziando ben di cuore le SS.VV.del buon genio che hanno verso di me, e delle amorevoli espressioni, che hanno voluto farmene, prego Dio, che le feliciti sempre.
Roma 26 agosto 1713.
Aff.mo delle SS.VV.
Card.le Ottoboni”. [5]
Gli Accademici, esultanti per l’ottenuta protezione, che tornava a tutto loro onore, fecero celebrare a loro spese, [6] il 16 novembre dello stesso anno, nella chiesa di San Giovanni in Monte, una Messa solenne con Te Deum in rendimento di grazie per la protezione ottenuta da tanto illustre personaggio, “per dimostrazione insieme del loro Giubilo in riflesso alla Protezione di detta loro Accademia benignamente assunta dall’E.mo e R.vo Sig. Card. Ottoboni”.
“La funzione riuscì al maggior segno decorosa, sì per lo nobile e ricco apparato della Chiesa suddetta, nella quale sotto un Baldacchino, conforme il costume per simili occasioni si vide esposto il ritratto di S.E., come pure per la varietà delle Composizioni, che da diversi Sig.ri Compositori furono fatte udire, e per lo pieno, e riguardevole concorso di molta nobiltà, che si compiacque onorare colla presenza così giusta espressione del suddetto rispettosissimo giubilo. Si dispensarono in tale occasione Sonetti, Composizione del Nro S. Bergamori, e si era ancora preparato uno sparo di mortaletti, ma a cagione del tempo non potè effettuarsi”. [7]
Il ritratto del Cardinale Ottoboni, esposto in quella occasione, ancora oggi è custodito nelle Sale dei Carrati dell’Accademia Filarmonica; vi si trova scritto in caratteri dorati: Petro Otthobono S.R.E. Card: Philarmonicae accad. Protectori. MDCCXIII
Questa attestazione riuscì oltremodo gradita all’eminente Porporato, come ne fanno fede due sue lettere indirizzate alla contessa Piatesi e ed agli accademici, il 25 novembre 1713:
“Sentendo il ragguaglio che mi si fa con sua lettera della pubblica dimostrazione, che codesta Accademia de Filarmonicj à voluto fare in mio onore, siccome ne resto molto tenuto a Lei med. et a tutti gl’altrj Sig.ri Accademici, così sento accrescermisi il desiderio di poter mostrar Loro la mia affettuosa gratitudine, e corrispondenza. Può però V.S. assicurarsi che ne conserverò memoria, per farne Loro sperimentare gl’effetti in tutte Le occorrenze, che saranno per rappresentarmi. Mentre fra tanto ringraziando V.S. con tutti gli’altrj Sig.ri Accademici con molta cordialità, resto con pregarle da Dio ogni vero contento rinnovando l’assicurazione che in tutte le occasioni egli si presterà nell’interesse della nobile istituzione”. [8]
La scelta del Cardinale Ottoboni si sarebbe rivelata molto opportuna per le future sorti dell’Accademia. Di nobile famiglia, creato cardinale nel 1689 a soli 22 anni da suo zio Papa Alessandro VIII, Pietro Ottoboni rivestiva a Roma cariche importanti e rimunerative, godendo di un immenso patrimonio che spendeva come mecenate delle arti. Nel 1690 aveva preso al suo servizio presso il Palazzo della Cancelleria di Roma Arcangelo Corelli, celebre compositore membro dell’Accademia Filarmonica di Bologna dal 1670, che volle sepolto nel Pantheon alla sua morte (8 gennaio 1713). Il Cardinale Pietro Ottoboni diede un impulso decisivo all’attività dell’Accademia Filarmonica, tanto che si può affermare che la fortuna successiva della nobile istituzione si deve in gran parte all’opera benevola del generoso prelato.
Il nome di Ottoboni è particolarmente legato all’approvazione dei nuovi Statuti di cui l’Accademia intendeva dotarsi, le cui pratiche relative sono conservate nell’archivio accademico, nella serie Corteggi e Documenti, con il titolo di Ufficii praticati dall’Accademia Filarmonica al Card. Ottoboni a Roma per la Sovrana Sanzione degli Statuti di detta Accademia; vi si trovano, tra l’altro, una versione preliminare manoscritta degli Statuti con numerose correzioni, la versione definitiva manoscritta poi data alle stampe, e numerose lettere.
I problemi all’interno del sodalizio non mancavano. Nella formulazione dei nuovi Statuti, alcuni accademici avevano tentato di inserire un capitolo che escludeva espressamente i ‘regolari’ dal far parte dell’Accademia. Si trattava di una questione dibattuta sin dalla fondazione dell’istituto, e che contrapponeva i laici (secolari) agli appartenenti agli ordini religiosi (regolari). Nel 1714, il Padre Giacinto Roffi tentò di sostenere la causa dei regolari indirizzando una supplica al Cardinale Ottoboni, a nome di tutti i musicisti regolari di Bologna; in tale supplica si ricordavano le benemerenze dei frati tra cui quella di avere contribuito alla fondazione dell’Accademia.
Il Protettore preferì non prendere alcuna posizione nella spinosa vertenza e lasciare piena libertà d’azione agli accademici, tanto più che all’interno stesso dell’Accademia non esisteva unanimità di pareri in proposito. È importante osservare, comunque, che la stesura dei nuovi Statuti si ricollegava all’esigenza dell’Accademia di ottenere un’approvazione ufficiale da parte del Pontefice; da tale riconoscimento ne sarebbe derivata una vera e propria personalità giuridica, con il privilegio di possedere e di poter ereditare beni.
Per le laboriose pratiche svolte presso la Santa Sede dal Cardinale Ottoboni, con l’approvazione del Legato di Bologna Cardinale Agostino Cusani [9] e dell’ex-Legato Cardinale D’Adda, [10] l’Accademia poté finalmente ottenere da Papa Clemente XI, [11] col Breve del 24 ottobre 1716 “Cum sicut dilecti filii”, la conferma dei suoi Statuti; si trattò di un passaggio importantissimo per la crescita e lo sviluppo del sodalizio accademico.
Nello stesso 1716, Olivo Penna, Campioniere dell’Accademia, intraprese la redazione della monumentale Cronologia dell’Accademia, [12] che dedicò al Cardinale Ottoboni e al Cardinale Arcivescovo di Bologna Giacomo Boncompagni, [13] e che avrebbe terminato circa 30 anni dopo.
L’approvazione dei nuovi Statuti dell’Accademia richiese un notevole lavoro diplomatico da parte del Cardinale Ottoboni: l’Accademia viveva allora in condizioni economiche tutt’altro che floride, e senza suo grave disagio non avrebbe potuto sopportare la non indifferente spesa del Breve “pro gratia expedienda”. Il Segretario dei Brevi Cardinale Oliveri, [14] con sua lettera del 12 settembre 1716, faceva intendere all’Accademia che le spese del Breve per la conferma degli Statuti erano “tassative”, né si poteva da quelle derogare, anche in considerazione che Sua Santità aveva necessità di denaro per le molte spese sopportate per “dare aiuto all’Armata Cattolica contro il Turco”. Dal canto suo l’Accademia, su suggerimento del Cardinale Ottoboni, con lettera del 25 settembre 1716, scrisse al Cardinale Oliveri invocando la grazia della conferma degli Statuti non in forma satis ampla ma in forma communi; i desiderata dell’Accademia venivano finalmente appagati, giacché il 3 ottobre successivo da Roma era data assicurazione di tale conferma in forma communi, e della sua pronta esecuzione. Dietro il modesto pagamento di 14 scudi e 30 bajocchi, venne trasmesso il 24 ottobre 1716, d’intesa col Protettore Cardinale Ottoboni, al sig. Gio. Antonio Magagnoli della Cancelleria dell’Eminentissimo Legato di Bologna, il sospirato Breve pontificio, e così finalmente veniva chiusa questa importante vertenza.
Tuttavia, tra l’approvazione pontificia e la definitiva pubblicazione dei nuovi Statuti trascorsero ben cinque anni, segnati da ulteriori dispute e controversie tra gli accademici, in particolare sulla questione dell’esclusione dei ‘regolari’ dal sodalizio, che era stata espressamente formulata in un apposito capitolo. La questione poté essere risolta solo grazie a un compromesso, con l’eliminazione del capitolo esclusivo dei regolari; in questa forma emendata i nuovi Statuti furono ulteriormente approvati dal Cardinale Arcivescovo di Bologna Giacomo Boncompagni il 14 dicembre 1720, mentre nell’adunanza del corpo accademico, seguita il 19 dicembre successivo, ne veniva autorizzata la stampa, [15] debitamente autenticata il 15 marzo 1721 dal notaio bolognese Zaccaria Antonio Moscardini e, come alla deliberazione presa il 24 aprile dello stesso anno, ne fu distribuita una copia a tutti gli accademici, per la quale alcuni fecero l’offerta di “sette bajocchi”. Da allora, fino alla caduta dello Stato Pontificio, ogni innovazione dello Statuto accademico venne sempre ratificata e suggellata dal cardinale Protettore, che ne garantiva l’efficacia anche dal punto di vista giuridico.
Gli Statuti del 1721 erano redatti in forma chiara e sintetica, e comprendevano sette rubriche: La festa del Santo Patrono, Le messe per gli accademici defunti, L’elezione degli Ufficiali, L’aggregazione all’Accademia, Le adunanze, Le esercitazioni musicali, Le contravvenzioni per i trasgressori. Di particolare importanza era la rubrica dedicata all’aggregazione, che per la prima volta disciplinava in maniera rigorosa l’ammissione dei musicisti all’Accademia.
Un’altra importante innovazione ratificata dal Cardinale Ottoboni fu l’istituzione nel 1719 della carica di Definitore perpetuo, affidata a due musicisti di grande dottrina “per sciogliere virtuosi quesiti e definire certe questioni d’arte”. [16] La carica fu affidata a Giacomo Antonio Perti e Giuseppe Righi; negli anni successivi questa carica avrebbe assunto un particolare prestigio, in quanto ad essa si sarebbero rivolti principi e prelati per la risoluzione di dispute o per autorevoli consigli; un’altra innovazione statutaria resasi indispensabile furono le Regole Statutarie / per quello spetta tanto nell’accettare, / quanto circa li requisiti de’ / nostri Accademici di Onore del 1726, con le quali, in seguito all’aggregazione del conte Cirro Aldrovandi, si istituiva per la prima volta la classe dei membri onorari, riservata a personalità di particolare riguardo, che in seguito avrebbero svolto una funzione importantissima nella storia dell’Accademia.
Il Cardinale Ottoboni scriveva tutti gli anni da Roma o da Velletri agli Accademici, rinnovando le sue premure e i ringraziamenti per le celebrazioni in suo onore a San Giovanni in Monte, celebrazioni che andarono acquistando sempre maggiore solennità, come ad esempio la Messa solenne del 20 giugno 1727, che assunse veramente il carattere di avvenimento d’arte, anche per la presenza del Re d’Inghilterra e dei Principi di Modena: [17] data la solennità dell’avvenimento, fu espressamente eretto un ponte per la enorme massa degli esecutori, e “bisognò fare due palchi uguali, uno pel Re et uno per la Serenissima, e riuscì il tutto con plauso”; [18] oppure la Messa del 13 luglio 1730, in cui cantò il celebre Farinelli, eletto accademico onorario il 6 luglio di quell’anno, che “riuscì al maggior segno decorosa, si per la varietà e squisitezza delle composizioni che furono udite, come anche pel concorso più del consueto numeroso de’ Signori Accademici stessi, fra quali alcuni signori forestieri si segnalarono, e particolarmente il Sig. cavaliere Nicola Grimaldi ed il Sig. Carlo Broschi detto Farinello, fece spiccare l’agilità del suo canto, con applauso particolare della nobiltà, e cittadinanza in gran copia concorsavi ed udire”. [19]
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[1] Verbale del 29 luglio 1713, Libro II dei Verbali, pp. 33
[2] Pietro Ottoboni (Roma 1667–1740), creato cardinale da Alessandro VIII nel 1689, fu mecenate delle arti.
[3] Verbale del 16 agosto 1713, Libro II dei Verbali, p. 34.
[4] ibidem
[5] Verbale del 12 settembre 1713, Libro II dei Verbali, p. 35.
[6] Minuzioso rendiconto delle spese è conservato nell’Archivio dell’Accademia Filarmonica, negli Atti e Corrispondenze dell’anno 1713
[7] Verbale del 16 novembre 1713, Libro II dei Verbali, p. 36; cfr con il foglio Bologna, 21 novembre 1713.
[8] Accademia Filarmonica, Corrispondenza, 1713; ricopiata nel Verbale del 14 dicembre 1713, Libro II dei Verbali, p. 37.
[9] Agostino Cusani (Milano 20/10/1655–28/12/1730), creato cardinale da Clemente XI il 18/5/1712, nunzio apostolico a Parigi, Legato di Bologna dal 16/4/1714 al 28/6/1717.
[10] Ferdinando D’Adda (Milano 27/8/1650–Roma 27/1/1719), creato cardinale da Alessandro VIII il 13/2/1690, nunzio apostolico a Londra, legato di Bologna dal 24/11/1698 al 20/11/1706.
[11] Giovanni Francesco Albani (Roma 23/7/1649–19/3/1721), creato cardinale da Alessandro VIII il 13/2/1690, papa Clemente XI dal 20/11/1700.
[12] O. Penna, Cronologia, / o sia istoria generale / di questa Accademia / Sua Origine, e Successi in Essa / Dall’Anno MDCLXVI, che fu Fondata […] Ed approvata dalla Santa Memoria di / Clemente XI. P. M. / Sotto gli Auspicj degli Ami, e Rmi Sig. Principi Cardinali / Pietro Ottoboni Vice Cancelliere, e Protett.re di Francia, / e Giacomo Boncompagni / Vescovo d’Albano, Arciv.° di Bologna, Pripe dl S.R.I. / L’Anno di nostra salute MDCCXVI […] Fatta con somma diligenza, e fatica / da me Olivo Penna / Campioniere di detta Accademia / l’anno MDCCXXXVI.
[13] Giacomo Boncompagni (Isola di Sora, Frosinone 16/5/1653–Roma 24/3/1731), creato cardinale da Innocenzo XII il 12/12/1685, Arcivescovo di Bologna dal 17/4/1690 al 24/3/1731.
[14] Fabio Oliveri, nato a Pesaro, creato cardinale da Clemente XI il 30/1/1713, morto a Roma nel 1738.
[15] Statuti / ovvero / Costituzioni / de’ signori accademici / filarmonici / di bologna / Promulgati sotto gli Auspicj / dell’Eminentissimo, e Reverendissimo Principe / il sig. cardinale / Pietro Ottoboni / vice-cancelliere e protettore di francia / Degnissimo Protettore / di detta accademia. In Bologna, per Gio.Battista Bianchi sotto le Scule all’Insegna della Rosa. 1721. Co licenza de’ Superiori.
[16] N. Morini, op. cit., p. 33. La carica di definitore perpetuo fu abolita nello Statuto del 1881.
[17] O. Penna, Cronologia, op. cit., Tomo II, p. 486. Cfr. L.Callegari, op. cit., p. 25.
[18] Verbale del 20 giugno 1727, Libro II dei Verbali, p. 27
[19] Bologna, 18 luglio 1730.
Dai Verbali dell’Accademia apprendiamo che alla morte dell’Ottoboni, avvenuta nell’inverno del 1740, furono celebrate solenni esequie nella Chiesa di San Giovanni in Monte:
“Pervenuta la notizia della morte del S.e Cardinale Ottoboni Protettore della nostra Accademia de’ Filarmonici, il Principe di S.a Accademia Sig. Giuseppe Matteo Alberti fece convocare l’Accademia solita […] e stabilitosi il modo di celebrarli l’Essequie, queste furono doppo il preventivo avviso circolare con Polize, celebrate il dì 31 di marzo suddetto giorno di giovedì mattina nella solita Chiesa di S. Giovanni in Monte apparata colli soliti panni da morto”. [1]
Nel foglio Bologna del 5 aprile 1740 si legge:
“Nel giovedì mattina della scorsa settimana dall’Accademia de’ Signori Filarmonici di questa patria si diede vero contrassegno di cordoglio per la morte del fu Em.mo Ottoboni suo Protettore, con avergli celebrate solenni esequie nella chiesa di S. Giovanni in Monte, apparata a lutto, con scelta musica a più cori, e copiose Messe di requie, essendo Principe della medesima Accademia il Sig. Giuseppe Matteo Alberti, mastro di cappella di detta chiesa”. [2]
Giusto un anno dopo la morte di Ottoboni, gli accademici deliberarono all’unanimità di adoperarsi nella ricerca di un nuovo autorevole protettore. Così nel verbale del 21 marzo 1741 si legge:
“Fu esposto dal Sig. Angiolo Antonio Caroli moderno Principe, che, stante la morte seguita del fu Eminentiss.o Sig.e Cardinale Ottoboni, mentre visse Protettore di codest’Accademia, esservi stati perciò molti S.ri Accademici, che hanno fatta qualche premura acciò si venga all’elezione di un nuovo Protettore, secondo il costume già intrapreso in codest’Accademia, e da proseguirsi anche sempre in avvenire, acciò gli interessi dell’Accademia possino sempre caminare con buon metodo, et ordine, et anche, stante le pendenze, che presentemente vertono fra l’Accademia e l’Illmo Sig.r Fondatore ereditario di quella.
Sopra le quali cose, avutosi fra li Ssri Congregati longo e maturo discorso, finalmente è stato determinato di procedere alla proposizione del seguente partito, cioè
A chi pare e piace che si venghi all’elezione di un nuovo Protettore, da scegliersi dal numero degli Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali, che soglia benignamente assumere la protezione di codest’Accademia, e che perciò siano fatte le necessarie diligenze per ritrovare il Soggetto, dia il suo voto bianco affermativo, e à chi piace in contrario lo dii negro negativo, e s’intenderà ottenuto il partito con li due terzi de’ voti bianchi affermativi, e raccoltosi il partito segretamente nell’urna, e poscia quello publicato, in presenza de li Sig.ri Accademici, fu ritrovato il partito ottenuto a tutti voti bianchi affermativi in numero di trenta, per aver posti i due voti il Sig.r Principe, conforme si compete”. [3]
Fu incaricato l’avvocato Danzi di “assumere l’incomodo di cercare, e ritrovare il Soggetto che voglia benignamente assumere la protezione dell’Accademia”. Così nel verbale del 6 aprile si legge:
“Passando poscia a discorrere, circa il modo, e forma di celebrare la Messa solenne e Te Deum, in ringraziamento all’Altissimo per la intrapresa protezione dell’Accademia benignamente ottenuta dell’Emo e Rmo Sig.r Cardinale Alberoni, ora degnissimo Legato di Bologna, fu asserito non esservi altro rimedio, che quello di una colletta universale à tutti li S.ri Accademici, tanto abitanti a Bologna, quanto ne’ paesi esteri, con trasmettere à ciascheduno Lettere stampate a questo effetto”. [4]
Giulio Alberoni, [5] il nuovo protettore dell’Accademia, era uno degli uomini più influenti della Chiesa romana. Grande amico del Cardinale Arcivescovo di Bologna Prospero Lambertini, eletto papa come Benedetto XIV nell’agosto dell’anno precedente, era stato primo ministro di Spagna ai tempi della guerra di Successione spagnola e in questa veste aveva dominato le scene della politica europea. Per le sue grandi doti amministrative aveva sempre occupato importanti incarichi e nel settembre del 1740 all’età di 76, per volontà del nuovo Papa Benedetto XIV era stato nominato Legato a latere di Bologna, carica che mantenne per tre anni.
L’Accademia, grata verso il nuovo protettore Cardinale Alberoni, fece celebrare il 16 giugno 1741, nella chiesa di San Giovanni in Monte, col concorso pecuniario degli stessi accademici, una Messa in rendimento di grazie per la protezione ottenuta di tanto illustre personaggio, così come era avvenuto per l’Ottoboni, dando vita ad una tradizione che sarebbe rimasta invariata per circa 150 anni. Per l’occasione venne dato alle stampe un Catalogo generale, dove per la prima volta venivano elencati tutti gli accademici filarmonici. [6] Olivo Penna, uno dei primi storici dell’Accademia, ha lasciato una dettagliata descrizione del Catalogo generale e dei preparativi per la festa del 16 giugno 1741, avvenuta alla presenza dello stesso cardinale:
“Stante l’ordine in voce, e in scritto dato dal Signor Angiolo Caroli a me Olivo Penna in far stampare polize d’invito et altro, e di sopraintendere ancora alle composizioni poetiche che si vanno preparando per stamparsi per poscia dispensarsi il giorno della vicina festa di questa accademia, diedi in quest’oggi principio a questa incombenza col fare stampare primieramente tutti li nomi, e cognomi degli accademici viventi, tanto onorari, quanto delli altri ordini, cioè compositori, cantori, suonatori, affine di aggiustare le cartelle solite che sono nella sala della residenza, e che d’anno in anno s’espongono entro la chiesa di S. Giovanni in Monte, cioè appese alle colonne nel giorno in cui si solennizza la festa del Santo nostro Protettore. Successivamente feci stampare quantità di cedolini per farli affissare qualche giorno avanti la detta festa nei pubblici luoghi della città, quali cedolini sono del seguente tenore:
Venerdì che sarà il dì 16 del corrente mese di giugno nella chiesa di S. Giovanni in Monte de’ Reverendi Canonici Regolari Lateranensi si celebrerà da Signori Accademici Filarmonici la festa del loro glorioso Protettore S. Antonio da Padova, e vi sarà Messa, e Vespro a più cori di musica, con composizioni di diversi autori, e dopo il Vespro si canterà solenne Te Deum in rendimento di grazie all’Altissimo per l‘assunta protezione di detta Accademia dall’Em.mo e Rev.mo Sig.r Cardinale Giulio Alberoni ora Degnissimo Legato a latere di Bologna. S’invitano perciò i fedeli ad intervenire a codesta Sacra Funzione, per acquistarsi il patrocinio di sì gran Santo, e per implorare da Sua Divina Maestà ogni prosperità a si degno e munifico porporato..
In appresso, oltre li 30 cedolini, feci stampare n. 2000 cartine, o siano nota de Signori compositori. Le composizioni poetiche si restrinsero in un solo sonetto composto dal già accennato Rev.mo Padre Abate Salani, e fattone stampare n. 1800. Intanto destinatosi il giorno della festa per il dì 16 del corrente mese, fu quella solennizzata secondo la seguente relazione”. [7]
La relazione della festa, decritta dal Penna, è riportata quasi integralmente sul foglio Bologna del 20 giugno 1741:
“Venerdì li 16, corrente si ebbe l’annua solennità di S. Antonio di Padova dalla Insigne Accademia de’ Signori Filarmonici di questa città nella chiesa di S. Giovanni in Monte coll’intervento dell’Em.mo e Rev.mo Sig.r Cardinale Alberoni, ora meritissimo Legato a latere di questa città, il quale si è degnato d’imprendere la protezione della Accademia in luogo della felice memoria del fu Sig. Card. Ottoboni. La funzione riuscì decorosa al maggior segno, mentre la antecedente sera con numerosi fuochi di allegrezza e col suono di trombe, e tamburi si diede principio a dimostrare da Signori Accademici il giubilo di sì generosa grazia compartita loro da questo mai abbastanza lodevole porporato. La mattina poi nella piazza della chiesa si vidde eretto un bel palco tutto fornito di damasco cremesi e ben vagamente apparato ripieno di suonatori di trombe, corni, e timbali, che continuamente a vicenda suonavano. La chiesa era riccamente apparata con trono, e baldacchino per assistere l’Em.mo Protettore a cappella, siccome con l’opportuno apparato per gli Eccelsi Signori Gonfaloniere, ed Anziani, e con ampio steccato per tutta la nobiltà bolognese, ed estera, che in tal congiuntura qui si trovava. Alzate le doppie cantorie in forma di semicerchio, oltre le stabili della chiesa tutte vagamente apparate, ripiene di moltissimi valenti professori cittadini, e forestieri. Si attese Sua Eminenza, all’arrivo della quale, e degli Eccelsi Signori Gonfaloniere ed Anziani, ricevuti dal Rev.mo Capitolo de’ Signori Canonici Regolari Lateranensi, de’ quali è la chiesa, col strepito delle trombe e tamburi si diede principio alla solenne Messa di varie composizioni da eccellenti maestri fatte, e si dispensarono poesie in lode di Sua Em.za della celebre penna dei Rev.mo Abate Salani monaco olivetano; di modo la funzione riuscì compiutamente bella, nobile, e decorosa. Nel dopo pranzo poi, compiuto il Vespro di altri vari eccellenti compositori cittadini, e forestieri, si cantò il gran Te Deum in rendimento di grazie all’Altissimo, per la degnazione avutasi da sua Eminenza di compartire la protezione sua all’Accademia, nell’intuonarsi del quale si die’ fuoco ad una numerosissima salva di mortaletti ben condotta, che fu il compimento di così raguardevole funzione aggradita da tutta la città, e dalli esteri concorsi in molta copia a tale effetto”. [8]
Il Penna conclude così la dettagliata descrizioni dei festeggiamenti in onore del cardinale Alberoni:
“Alla quale funzione v’intervennero non solo tutti li accademici dimoranti in Bologna, ma ancora alquanti dei forestieri, fra i quali li musici dell’opera recitata nel Teatro Malvezzi. Di più, per aumento della musica tanto alla Messa, che al Vespro, e Te Deum vi concorsero quasi tutti i dilettanti, e professori di tal virtù di questa città […] Le composizioni poetiche in gran numero stampate tanto in seta di vari colori, quanto in carta, come altresì le cartine de’ Signori compositori alcune furono contornate di pizzo d’oro, e d’argento, come distintamente appare dalla nota delle spese di questa tal funzione. E per oviare qualunque confusione che sarebbe potuta nascere nel dispensare li sudetti sonetti, e cartine fu preventivamente intavolato un foglio col nome di ciascheduno personaggio a quali si dovevano presentare colle dovute formalità, affinché da tal metodo si rendesse facile, e propria l’offerta”. [9]
L’Accademia si premurò, come era avvenuto per l’Ottoboni, di commissionare un ritratto del nuovo Protettore. Nel Verbale del 20 giugno 1741 si legge:
“Inoltre essendo stato discorso da Ssri Congregati esser necessario di far fare il ritratto del detto Emo Legato nostro Protettore, anno ordinato che sii fatto della grandezza, qualità e cornice conforme à quello del fu Emo Ottoboni, del che hanno data la commissione al Sig.r Olivo Penna, con tutte le facoltà necessarie, ed opportune”. [10]
Il ritratto dell’Alberoni, ad opera di Ludovico Filippo Laurenti, fu presentato all’assemblea degli accademici da Olivo Penna il 20 luglio 1741, e fu pagato la somma di “lire diecinove e soldi quindici”. Oggi è conservato del Museo dell’Accademia Filarmonica.
Il Cardinale Alberoni fu presente regolarmente alle cerimonie di San Giovanni in Monte e, caso del tutto nuovo, partecipò anche ad una assemblea dell’Accademia, il 26 aprile 1743, suscitando una forte emozione:
“Al momento che si è per aprire la seduta si previene che arriva l’Emo Sig. Cardinale Alberoni Protettore. Ricusa ogni cerimoniale anche in vista del modo di sua sorpresa. Accetta soltanto con benigni modi di sedere tra il Principe e il Fondatore Ereditario.
Si passa la seduta a fare conoscere all’Emo Porporato le cose principali riguardanti il distinto corpo a cui assunse di esserne Capo e Protettore”. [11]
Sotto la protezione del Cardinale Alberoni ebbe luogo un passaggio particolarmente importante verso il prestigio internazionale dell’Accademia; infatti, con un Breve di Papa Benedetto XIV del 22 febbraio 1749, l'Accademia fu autorizzata ad esercitare il controllo sulla musica nelle chiese bolognesi, grazie anche al privilegio di approvare la professione di maestro di cappella, privilegio già concesso dal Papa Clemente XI alla Congregazione dei Musici di S. Cecilia in Roma.
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[1] Verbale del 31 marzo 1740, Libro II dei Verbali, p. 108
[2] Bologna, 5 aprile 1740
[3] Verbale del 21 marzo 1741, Libro II dei Verbali, p. 111
[4] Verbale del 6 aprile 1741, Libro II dei Verbali, p. 113.
[5] Giulio Alberoni (Piacenza 21/5/1664–26/6/1752), creato cardinale da Clemente XI il 12/7/1717, primo ministro alla corte di Spagna, Legato a latere di Bologna dal 10/9/1740 al 4/9/1743.
[6] Catalogo / generale / Di tutti li Signori / accademici filarmonici / di Bologna / Dall’Anno 1666. in cui fu fondata l’Accademia / fino all’Anno presente, divisi in tre Ordini, cioè, / Nel primo, li Accademici in oggi viventi; / Nel secondo, tutti li Principi / di detta Accademia; E nel terzo, li Defunti in generale, / dall’Anno 1673. al 1740. / il tutto estratto / dalla cronologia / di detta accademia / in quest’anno / MDCCXXXI. E’ stato ristampato in Studi e Materiali per la Storia dell’Accademia Filarmonica, vol. IV, a cura di Giuseppe Vecchi, Bologna, A.M.I.S., 1993.
[7] O. Penna, Cronologia, op. cit., Tomo I, p. 227.
[8] Bologna, 20 giugno 1741
[9] O. Penna, Cronologia, op. cit. p. 227.
[10] Verbale del 20 giugno 1741, Libro II dei Verbali, p. 122.
[11] Verbale del 26 aprile 1743, Libro II dei Verbali, p. 133.
Fin dal 1748, sotto il principato dell’insigne musicista Antonio Bernacchi, l’Accademia si era proposta di sovrintendere alla musica nelle chiese bolognesi, facendo opportunamente approvare dai suoi censori e defintiori perpetui quelle composizioni musicali ritenute degne di essere eseguite in occasione della festa in onore di Sant’Antonio da Padova, patrono dell’Accademia: e ciò nel proposito che in seguito tale provvedimento servisse d’esempio ad altri in analoghe circostanze. Rimasti invece delusi del mancato successo, gli accademici filarmonici, a mezzo del loro Principe e tramite il Cardinale Alberoni, pensarono bene di rivolgersi direttamente a S.S. il Papa Benedetto XIV, [1] supplicandolo di ottenere all’Accademia gli stessi privilegi, grazie e indulti già concessi da Papa Clemente XI, alla Congregazione dei musici di S. Cecilia in Roma, con la bolla del 9 settembre 1716 “Pastoralis dignitatis fastigium”; Papa Benedetto XIV, anche per la premurosa intromissione del maestro Giacomo Antonio Perti, trovando giusti i lamenti mossi dagli accademici filarmonici, emise in data 22 febbraio 1749 il Breve “Dilectis Filiis Academicis Civitatis Nostra Bononiensis, Philarmonicis noncupatis”, col quale era fatto divieto a qualunque compositore che non fosse membro dell’Accademia bolognese, o almeno da essa approvato, di esercitare l’ufficio di maestro di cappella nelle chiese cittadine; ciò significava, in pratica, un controllo assoluto sull’attività delle cappelle musicali bolognesi, ciò che accresceva ulteriormente il prestigio dell’Accademia. [2] Il testo del Breve, viene qui riportato tradotto dal latino nelle sue parti essenziali: [3]
“BENEDETTO PP. XIV
Ai diletti figli Accademici della nostra Città di Bologna chiamati Filarmonici.
Diletti figli, salute e apostolica benedizione. Le umili preghiere a Noi portate a vostro nome, con le quali supplichevoli domandavate che i due Decreti o Statuti, cioè il XXI e il XXII, della Congregazione dei diletti figli Musici sotto il titolo o invocazione di S. Cecilia di questa nostra alma Città, e della felice memoria di Clemente XI nostro Predecessore, già pubblicati in forma speciale colle apostoliche Sue lettere in simil forma di Breve, il cui principio è “Pastoralis dignitatis fastigium” adì 9 settembre 1716, fossero confermati con pari autorità nostra Apostolica, pel felice e prospero regolamento dell’Accademia vostra, e che ci degnassimo non solo di estenderli alla stessa Accademia e munirli coll’Autorità dell’Apostolica conferma, ma anche di ordinarne e comandarne la dovuta e perpetua, le abbiamo ricevute al momento opportuno, in quanto Noi pensavamo di scrivere sopra tal argomento le Nostre Lettere circolari ai Venerabili Fratelli Vescovi dello Stato Nostro ecclesiastico. Imperocché gravemente ci dogliamo che a un tale eccesso di decadenza sia stata condotta la musica ecclesiastica di questo tempo, che nei sacri templi sembrano cantarsi e applaudirsi, non senza scandalo dei savii, piuttosto le melodie e le canzonette teatrali, le spezzate e molli modulazioni delle Tragedie e delle Commedie, che i sacri Salmi, Inni e Cantici spirituali composti in lode del Divin Nome […]
Ora essendo i due Decreti citati del tutto conformi ai Nostri sentimenti, i quali faremo chiaramente palesi attraverso le accennate Lettere circolari, che quanto prima daremo alla luce, volendo ancora far a voi una grazia speciale, assolvendo ognuno di voi da qualunque scomunica, sospensione, interdetto e da altre ecclesiastiche censure e pene a iure vel ab homine in qualsiasi occasione o per qualsivoglia motivo comminate, in cui per avventura foste incorsi, affine unicamente che possiate conseguir questa grazia, tutti propensi ad esaudire le suppliche che su questo particolare ci sono state a vostro nome presentate, con tutta la nostra apostolica autorità confermiamo, approviamo e stendiamo i due nominati Decreti nella stessa maniera e forma servatis servandis, come se fossero stati fatti adesso per la vostra Accademia dando loro tutto il peso della forza della Nostra apostolica autorità, e nel tempo stesso intendiamo di supplire a tutti, e a ciascun difetto in particolare di ius e di fatto, se mai vi sia occorso, e vogliamo e dichiariamo esecutori della nostra volontà per la dovuta e perpetua osservanza dei medesimi decreti il nostro Vicario Generale in temporale e spirituale, fintantoché a Noi piacerà di ritenere il governo della nostra Chiesa Metropolitana di Bologna, e dopo gli Arcivescovi pro tempore di Bologna nostri successori. Inoltre esortiamo l’attuale Principe e gli altri che dopo di lui verranno, come pure tutti gli ufficiali della vostra Accademia, anzi loro strettamente comandiamo di fare le musiche nelle Chiese della nostra Città e Diocesi di Bologna a tenore degli Ordini e delle regole che saranno prescritte nelle nostre Lettere da pubblicarsi in Bologna e che vogliamo in tutto e per tutto esattamente osservate. Determinando che queste nostre Lettere e gli inseriti due Decreti abbiano sempre la loro forza e valore, e ottengano tutto il loro effetto a favore di coloro a cui spetta o spetterà, e da loro inviolabilmente saranno osservate, e quindi, a tenore di quanto in esse si contiene, si debba giudicare e regolare da qualunque giudice ordinario o delegato, e ancora dagli Uditori delle cause del Palazzo apostolico, dichiarando di nessun valore tutto ciò che diversamente da qualunque persona di qualsivoglia autorità o scientemente o ignorantemente si tenterà di fare.
Nonostante le Costituzioni e Ordinazioni apostoliche, fossero anche le Costituzioni di codesta vostra Accademia, o tutte le altre ancora col giuramento e conferma apostolica, o in qualunque altra guisa fatte e stabilite, e nonostante tutti gli Statuti, costumanze, privilegi e indulti apostolici in contrario che fossero stati in qualunque maniera finora concessi, confermati e rinnovati, ai quali tutti Noi espressamente e specialmente adesso deroghiamo per quanto è necessario a rendere validi gli accennati Decreti, emanandoli in tutta la loro forza e vigore. Vogliamo inoltre che alle copie o ancora agli esemplari stampati di queste nostre Lettere, trascritti di mano di qualche pubblico Notaio e munite col sigillo di persona di dignità ecclesiastica, si presti la stessa fede in pubblico e in giudizio che si presterebbe se fossero esibite e mostrate queste stesse. Noi poscia facilmente ci persuadiamo che da questa nostra benignità verso la vostra Accademia, e dai favori onde l’onoriamo, voi avrete tutto il motivo di conoscere chiaramente quel paterno amore che nutriamo verso di voi, e con quale vivo argomento desideriamo che a voi sia l’apostolica benedizione, che Noi adesso amorevolmente vi dispensiamo.
Dato in Roma adì 22 febbraio 1749”. [4]
Perché tale concessione apostolica fosse resa palese a tutti, e l’Accademia fosse riconosciuta nei privilegi, grazie e indulti concessi da S.S. Benedetto XIV, il Breve venne pubblicato e affisso nei luoghi pubblici di Bologna, “onde tale affissione operi ed astringa cadauno a cui spetti per l’osservanza ed esecuzione di esso Breve, come se questo fosse personalmente intimato”.
La notizia dell’emanazione del Breve benedettino, fatto pervenire all’insigne maestro Giacomo Antonio Perti, decano e definitore perpetuo dell’Accademia, venne accolta con grande esultanza dagli accademici nell’adunanza del 13 marzo 1749. Seduta stante il Principe Antonio Bernacchi indisse un solenne Te Deum, regolato dallo stesso maestro Perti, in rendimento di grazie pel beneficio ricevuto. Quindi per la esatta e scrupolosa osservanza delle prescrizioni contenute nel sovrano rescritto, fu deliberato l’aumento di due accademici nel numero ordinario dei censori:
“Il Sudd.o Principe ha proposto a Ssri Congregati che in rimostranza di debita gratitudine a tanta grazia benignamente concessa alla nostra Accademia debbiasi in avvenire et in perpetuo esporre ogni anno nel giorno della Festa di Sant’Antonio che si celebra dalla nostra Accademia il Ritratto della Santità Sua, e sotto di esso l’Originale della Bolla med.a, e ciò anche ad effetto, che siino sempre in memoria de Ssri Accademici, tanto la loro facoltà, quanto anche i comandi della Santità Sua espressi nella detta Bolla”. [5]
Il 26 giugno 1749 fu celebrata una solenne messa di ringraziamento in onore di Benedetto XIV:
“Giovedì scorso 26. Del caduto mese di Giugno nella Chiesa di S. Gio. in Monte de’ M. RR. Canonici Lateranensi decorosamente apparata dai Signori Accademici Filarmonici, essendo Principe per la seconda volta il Sig. Antonio Bernacchi, si ebbe la loro annuale solenne Accademia in onore di Sant’Antonio di Padova, con Messa e ultimi Vespri cantati con sceltissima Musica, in cui fecero spiccare il loro talento e sapere vari Compositori, con stile nobile, e veramente ecclesiastico. In questa occasione oltre il ritratto sotto magnifico padiglione di Nostro Signore Benedetto XIV, felicemente regnante, fu esposta per la prima volta la Bolla, con cui il prefato Sommo Pontefice si è degnato ottimamente graziare la suddetta Accademia. Questa funzione ha incontrato aggradimento, ed applauso universale, essendo stata sì la mattina come il dopo pranzo piena la Chiesa di numeroso popolo, e massime di persone qualificate”. [6]
La rigorosa applicazione del Breve viene subito seguita dal Vicario Generale Monsignor Francesco Cotogni, con l’invio al Principe dell’Accademia di un ordine, emesso il 29 giugno 1749, per l’esame di un aspirante all’esercizio di maestro di cappella in tutte le chiese ove eventualmente egli fosse stato chiamato, e della diffida data il 7 febbraio 1750 a tutti quelli che osano “far musiche di qualunque sorta o con strumenti o senza, o battere o fare la battuta nelle chiese od oratori di Bologna e sua Diocesi, sotto pena, in caso di trasgressione, ad arbitrio della Congregazione segreta dell’Accademia dei Filarmonici e di altre ancora”. [7]
Attorno al 1750 contro la rigorosa applicazione del Breve benedettino sorsero diatribe da parte di parecchi parroci di Bologna e delle madri superiori dei monasteri di Bologna, per esser stati precettati dall’Accademia de’ Filarmonici alcuni sacerdoti della Metropolitana di San Pietro e della Collegiata di San Petronio, diffidandoli a cantare se non in canto corale e gregoriano. Sua Santità, compreso della gravità di tale “scompiglio”, trasmise illico et immediate due memoriali a Giacomo Antonio Perti, definitore perpetuo dell'Accademia, interessandolo a fargli sapere “il suo savio sentimento” al riguardo, perché bramava regolarsi con esso, assicurandolo in pari tempo ch’egli non sarebbe stato esposto né a “ciarle”, né a “disgusti”. [8]
Infatti il Perti non frappose indugio a corrispondere ai desideri del Pontefice, e con sua lettera dell’8 aprile 1750 gli espose che, dopo parecchie adunanze accademiche tenute nella sua casa, si era deliberato che venisse osservato tutto quanto era prescritto dal Breve Pontificio, accordando ai sacerdoti “il solo canto a due voci: tenore e basso, chiamato anche canto misto, canto più devoto e uniforme alla Maestà ecclesiastica, e che più d’ogni altro s’accosta al canto della Cappella Pontificia col solo accompagnamento dell’Organo, Violone e Violoncello”. Il Perti dal canto suo dichiarava risultargli che i sacerdoti bolognesi non avevano cambiata la norma del canto “e quindi non essere immeritevoli del favore che fu loro accordato”, tanto più che un tal genere di canto si rendeva necessario a molte chiese, dove o le risorse economiche o la scarsità di mezzi, in ispecie dei monasteri, non consentivano altrimenti. Ond’è che Sua Santità Benedetto XIV, in considerazione delle dichiarazioni del Perti, diede parere favorevole all’accoglimento dei due ricorsi, emettendo il 15 aprile 1750 due distinti rescritti per i sacerdoti e per le monache. In virtù pertanto di questi rescritti apostolici si quetarono le discordie, lasciando motivo a sperare che non insorgessero nuovi dissidi.
Il Cardinale Alberoni aveva lasciato Bologna nel 1743, lasciando la Legazione al Cardinale Giorgio Doria, [9] ma aveva mantenuto la sua carica di Protettore dell’Accademia. Ritiratosi a Piacenza, morì il 26 giugno 1752. I preparativi per le onoranze al Porporato in San Giovanni in Monte appaiono trattati nei Verbali accademici, nell’agosto 1752. Il foglio Bologna del 29 agosto così riporta:
“Nel susseguente giorno (25 agosto) di sabbato nella chiesa di S. Giovanni in Monte da questi Signori Accademici Filarmonici, per dimostrare verso il Signore Iddio, ed al defunto Sig. Card. Giulio Alberoni di felice memoria loro Protettore in vita li propri doveri, le furono celebrati li funerali con la maggior decenza. La chiesa alle porte, ed interiormente era apparata a lutto con le armi dell’Em.mo Porporato, e lo stemma della celebre Accademia con buon ordine disposti. Ivi era nobile strato con le distintive cardinalizie contornato da sufficiente quantità di torzie accese, oltre li altri lumi per la chiesa. Fu celebrato numero ragguardevole di Messe basse con l’Uffizio, e gran Messa cantata da due numerosi cori di scelti musici; e con le solite cerimonie ecclesiastiche si dié compimento alla lugubre funzione, la quale frequentata da concorso di popolo fu di universale devoto aggradimento”. [10]
Dopo la morte del Cardinale Alberoni, tali e tanti erano stati i segni della amorevole considerazione del papa bolognese Benedetto XIV (Prospero Lambertini) nei confronti l’Accademia Filarmonica, che l’istituzione poté godere della protezione dello stesso Pontefice, il quale aveva conservato il titolo di Arcivescovo di Bologna; le cerimonie di S. Giovanni in Monte furono quindi a Lui dedicate:
“I Signori maestri di cappella, scelti per tal funzione, fecero tutti nuove, e peregrine composizioni, con tutta la maestà, decoro, ed armonia da chiesa, che fu un divoto diletto l’udirle perfettamente eseguite. Aggiungendosi che la chiesa decentemente apparata, la quantità de lumi, col venerabile ritratto di nostro Signore Benedetto XIV, felicemente regnante in nobilissimo quadro [11], e sotto grandioso apparato, con la bolla originale delli privilegi da Sua Santità alla celebre Accademia accordati, ed il gran concorso di popolo, diedero compimento a sì ragguardevole solennità”. [12]
Furono questi gli anni in cui l’Accademia divenne suprema regolatrice della musica ecclesiastica; all’Accademia ricorsero perfino autorità superiori per ottenere pareri e norme circa l’applicazione di decreti emanati in materia d’arte:
“Così ad esempio il Cardinale Alessandro Albani, [13] prefetto e protettore della Cappella musicale pontificia, nell’intendimento di dare maggior lustro e decoro alla cappella stessa, emanò due decreti sotto la data dell’11 agosto e 18 dicembre 1748, a ciò sospinto dall’insufficiente perizia riscontrata in alcuni giovani cantori pontifici sopranumerari durante le sacre funzioni. Egli pertanto con tali decreti prescrisse che i sopranumerari opportunamente istruiti nella musica da un cantore anziano capace, prima di ammetterli in cappella fossero esaminati e approvati a voti segreti dal Maestro di cappella pro tempore, dal decano dei cantori, dal camerlengo, dal puntatore e da due anziani, e ciò pel necessario e buon servizio della cappella pontificia. Vuoi per la tassativa applicazione delle norme prescritte e forse più pel rigore introdotto per le ammissioni, alcuni cantori pontifici, dopo parecchi anni dall’emanazione dei predetti due decreti, mossero lamento nei riguardi delle disposizioni in essi contenute.
Senza entrare nel merito della questione, il Cardinale Albani, per tranquillità della sua coscienza, volle sentire il parere di persone dotte, e per ciò, con sua lettera del 15 luglio 1761, si rivolse al Padre Giovanni Battista Martini, definitore perpetuo dell’Accademia de’ Filarmonici, per avere il suo motivato e autorevole parere sui predetti due decreti che sottoponeva al suo esame, con preghiera di renderli ostensibili ai membri dell’Accademia. Il padre Gio. Battista Martini ben volentieri corrispose al desiderio del Cardinale Albani, facendogli pervenire, con sua lettera del 22 luglio 1761, a nome anche dell’Accademia, l’attestato di approvazione e commendazione ben dovuta ai due decreti emanati a vantaggio della cappella pontificia “desiderando che da essa siano eseguiti con ogni più distinta esattezza e costanza, acciò mantenga il Canto fermo e figurato con quel decoro che devesi all’Onore di Dio e alla Maestà Pontificia, che è l’unico scopo a cui i suddetti due Decreti sono diretti”. [14]
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[1] Prospero Lambertini (Bologna 3/3/1675–Roma 3/5/1758), creato cardinale da Benedetto XIII il 19/12/1726, arcivescovo di Bologna dal 30/4/1731 al 14/1/1754, papa Benedetto XIV dal 17/8/1740.
[2] N. Morini, op. cit., p. 74.
[3] Bologna, Accademia Filarmonica, Vol. segn. 244, documenti segn. 19, 20. Cfr. N. Morini, op. cit., p. 75–6.
[4] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi 1749.
[5] Verbale del 13 marzo 1749, Libro II dei Verbali, p. 192
[6] Bologna, 1 luglio 1749
[7] N. Morini, L’Accademia Filarmonica di Bologna (1666–1966) I, Fondazione e vicende storiche, Bologna, Tamari 1967, p. 82.
[8] ibidem
[9] Giorgio Doria (Genova 4/12/1708–Roma 30/1/1759), creato cardinale da Benedetto XIV il 9/9/1743), fu Legato di Bologna dal 23/9/1743 al 17/10/1754.
[10] Bologna, 29 agosto 1752
[11] Non è stato possibile individuare di quale quadro si fosse trattato.
[12] Bologna, 4 luglio 1752
[13] Alessandro Albani (Urbino 15/10/1692–Roma 11/12/1779), creato cardinale da Innocenzo XIII il 24/9/1721, uomo politico e grande mecenate.
[14] N. Morini, op. cit., p. 94.
Dopo la morte di Benedetto XIV (1758), si rendeva necessaria a favore dell’Accademia Filarmonica una conferma del Breve pontificio, che veniva troppo spesso disatteso. Sullo scorcio del 1760 infatti, alcuni non troppo periti nell’esercizio di maestro di cappella e non approvati dall’Accademia,
“arbitrariamente si facevan lecito di far musiche nelle chiese, contravvenendo così alle disposizioni sancite nel Breve benedettino a pregiudizio e decoro di chi legalmente era abilitato. Ond’è che l’Accademia, compresa dei danni che ne derivavano alla classe dei veri professionisti, pensò di rivolgersi, implorando, al Cardinale Vincenzo Malvezzi, [1] Arcivescovo di Bologna, perché provvedesse a reprimere tali abusi. I mansionari cantori della Metropolitana di San Pietro e della Collegiata di San Petronio ricorrevano pur essi all’Arcivescovo invocando a loro difesa gli autorevoli rescritti emanati dal Pontefice Benedetto XIV a favore dei parroci e delle monache di Bologna. Per la qual cosa l’Arcivescovo, mostrandosi deferente verso l’Accademia “che riesce di molto decoro alla Patria”, considerate attentamente nelle singole parti i predetti ricorsi, animato da onesti sentimenti per la soluzione della vertenza, anche nella considerazione che molti professionisti abilitati sarebbero ridotti a mal partito, qualora essi fossero stati privati della loro opera nelle sacre funzioni, udite le parti in causa, con decreto del 26 febbraio 1761 stabilì di limitare a due soli sacerdoti (Don Dotti e Don Donini) l’esercizio “di far musiche, battere o fare la battuta in qualunque Chiesa od Oratorio di questa Città o Diocesi, purché però usino di sole voce di Tenore e Basso, e col solo Organo, ed anche col Violone e Violoncello, non già con Violini ed altri Instromenti ed in tali musiche essi si servino per Cantanti di altri Sacerdoti o constituiti negli Ordini Sacri o anche di Chierici ascritti però attualmente al servizio di detta nostra Metropolitana o di alcuna Collegiata, di questa Città, con preferenza però sempre, in ogni e cadauna funzione, di quei stessi Preti tuttavia viventi contemplati dalla detta S. M. di Benedetto XIV negli accennati suoi rescritti, e non altrimenti, a condizione però che non venga da essi proposto il servizio del Coro specialmente ne’ giorni di festa della Settimana Santa e nelle solenni Funzioni delle dette Chiese a cui rispettosamente sono ascritti”. In applicazione pertanto di tale decreto veniva diffidata qualunque altra persona all’infuori dei suddetti due sacerdoti “a far musiche, battere o fare la battuta in qualunque modo ed in qualunque Chiesa e Oratorio della Città e Diocesi non lo possa fare se non sia approvato dalla suddetta Accademia de’ Filarmonici”, [2] “sotto pena di provvedimenti disciplinari ex officio o anche ad istanza degli accademici filarmonici”. [3]
In pratica il Cardinale Malvezzi riconfermò l’Accademia come custode e garante della musica ecclesiastica a Bologna; nell’assemblea del 3 marzo 1761 si diede pubblica lettura del Decreto cardinalizio, e gli accademici, grati per le manifestazioni di tanto riguardo, furono orgogliosi di annoverare il cardinale Malvezzi tra i loro illustri Protettori:
“Fu dal S. Pr.pe proposto, che doppo la morte del fu S. Card. Alberoni il quale era Protettore di questa celebre Accademia non si era mai più pensato a pregare qualcun altro Soggetto, che di Sua protezione l’assistesse. In oggi però essendo avuta occasione di sperimentare la clemenza del nostro Emo Arciv.o Malvezzi, il quale contro il pretendere d’alcuni si degnò per suo publico decreto in forma di costituzione comandare la totale esecuzione del breve, che già si ottenne dalla S.M.P. Benedetto XIV, et non solo à graziata la nostra celebre Accademia con la favorevole dichiarazione già detta, ma ancora si è impegnato contro alcuni contravventori, che sia puntualmente e senza verun altra interpretazione affatto eseguita a vantaggio e decoro de’ Ss Accademici Filarmonici, per li quali ha dimostrato, e dimostra paterno amore e clemenza. Siccome fatte altre opportune ed economiche riflessioni l’istesso Sr Principe ha proposto alli Sri Congregati la stessa proposizione già espressa nella cedola d’invito, che sia elletto un nuovo Protettore. In virtù delle quali cose esso Sr Principe ha nominato lo stesso Emo e Rvo Sr Cardinale Vincenzo Malvezzi nostro meritissimo Arcivescovo che sia Protettore di questa insigne Accademia, lusingandosi per la sua dimostrata clemenza verso questa, che non sia per negare tal precisa grazia. La qual cosa uditagli da’ Ss. Congregati tutti, essi tutti acclamando hanno non solo aderito alla fatta proposizione, che anzi con giubilo d’allegrezza tutti commossi dal piacere hanno pregato il Principe che insieme con que’ Soggetti, che li siano di piacere, al più presto possibile si presenti a Sua Ema Rma, ed implori a nome di tutti la di lei alta Protezione, assicurandola del profondo ossequio e del universale gradimento, che per tanto onore riceveranno essi un di loro, e l’Accademia tutta insieme”. [4]
L’8 luglio 1762 fu celebrata la tradizionale messa in onore del nuovo protettore:
“Giovedì 8 corrente nella chiesa di S. Giovanni in Monte di questa città dalla insigne Accademia de’ Signori Filarmonici essendo Principe della medesima per la prima volta il Sig. Petronio Lanzi bolognese si celebrò l’annua solenne festa di S. Antonio da Padova, riuscita in quest’anno con pompa, e decoro maggiore del consueto per essere stata onorata nel tempo della gran Messa della presenza in forma pubblica dell’Em.mo e Rev.mo Sig. Cardinale Vincenzo Malvezzi nostro amatissimo vescovo, in occasione di essersi degnato d’imprendere la protezione della suddetta Accademia vacante sino dalla morte della felice memoria dell’Em.mo, e Rev.mo Cardinale Alberoni. Si vidde pertanto la chiesa nobilmente e vagamente apparata fuor del costume con una copiosa distribuzione di torcie, e lampadari, e tanto alla Messa, quanto al Vespro (a cui pure intervenne privatamente l’Em.mo Protettore) si udirono nuove e sceltissime composizioni di eccellenti maestri eseguite dai migliori professori sì cittadini che esteri. Terminata la gran Messa si cantò un solenne Te Deum in rendimento di grazie all’Altissimo per la degnazione avuta dall’Em.za Sua Rev.ma in accettare una tale Protettoria, e dopo di esso si dié foco ad una ben disposta, ed ordinata numerosissima salva di mortaletti, essendo tutto riuscito con piena soddisfazione, ed aggradimento di quanti intervennero alla sacra funzione”. [5]
Gli accademici commissionarono a un pittore il ritratto del nuovo Protettore, dando disposizione che fosse gelosamente custodito, e che per nessun motivo esso dovesse uscire dall’Accademia; il quadro deve essere andato perduto o trasferito in un secondo tempo, perché all’Accademia Filarmonica non è stato possibile individuarlo:
“E’ stato decretato a viva voce, e di un animo parere dalli Ssri Congregati inerendo ancora alli decreti altre volte fatti rapporto alle altre cose attinenti l’Accademia, che il nuovo ritratto dell’Emo moderno Protettore, non possa, né debba uscire dalle camere dell’Accademia, né portarsi o meglio dire prestarsi, ad alcuno per qualsivoglia titolo, o pretesto”. [6]
Con il Cardinale Malvezzi, essendo definitori perpetui dell’Accademia Filarmonica il celebre Padre Giovanni Battista Martini e Don Giuseppe Carretti, l’Accademia accentuò il carattere di tutrice della musica ecclesiastica, così che il titolo accademico divenne ancor più garanzia di dottrina a livello internazionale. Tuttavia all’interno del sodalizio non mancavano i contrasti, e la presenza autorevole di Padre Martini non era senza oppositori; la fazione contraria alla presenza dei regolari in Accademia, capeggiata da Angelo Santelli, già Presidente nel 1756, aveva sollevato dubbi sulla regolarità dell’ammissione di Martini all’Accademia (1758) e sulla sua elezione a Definitore Perpetuo (1761); nel 1764 il Santelli si trovò in minoranza e fu sospeso dall’Accademia, ma fu riammesso nel novembre dello stesso anno per intervento diretto del Cardinale Malvezzi, che si fece garante degli equilibri interni del sodalizio. Un altro atto importante approvato dal Cardinale Malvezzi fu la fusione della Cassa del Suffragio e la Cassa del Sussidio dell’Accademia. La Cassa del Suffragio era stata istituita il 5 luglio 1688, quando si era deliberato che tutti gli accademici dovessero far celebrare a proprie spese una messa in occasione della morte di un collega e per l’anniversario degli accademici defunti; successivamente era stata istituita la Cassa del Sussidio, col nobile intendimento di venire in aiuto a quegli accademici che per avanzata età o per malattia fossero resi inabili a continuare la loro professione; nell’adunanza del 28 aprile 1722 fu sanzionata tale disposizione “con plauso universale”, eleggendo a tale scopo due Assunti deputati alla assistenza degli accademici infermi e bisognosi provvedendoli nel necessario aiuto. [7]
Con l’andar degli anni crebbe talmente il numero degli accademici bisognosi che la Cassa del Sussidio non si trovò più in grado di far fronte adeguatamente a quanto preliminarmente si era prefisso, mentre la Cassa del Suffragio si presentava ricca e fiorente. Per cui con unanime consenso nell’adunanza del 14 marzo 1768 fu deliberato che la Cassa del Suffragio venisse in aiuto alla Cassa del Sussidio, lasciando in cassa un deposito di sessanta scudi, non soggetto a verun’altra spesa, e che tutto il restante dei proventi dell’Accademia per le aggregazioni, nonché gli annui interessi e contribuzioni degli accademici inscritti alla Pia Unione del Suffragio fossero devoluti a favore della Cassa del Sussidio, la quale, oltre a corrispondere agli accademici inabili e bisognosi i rispettivi sussidi, doveva pur anche sopperire a tutte le spese inerenti a tale fondo. E tale deliberazione del corpo accademico venne approvata dal Cardinale Malvezzi non solo come Protettore dell’Accademia, ma anche come delegato pontificio, con una sua dichiarazione del 25 giugno 1768. Il Decreto poi fu presentato al corpo accademico nell’Assemblea dell’11 novembre 1768: “Partecipatala questa mane all’Emo Sig. Card. Arcivescovo Protettore, si è dal medesimo non solo riportata benigna approvazione, ma anzi per la maggiore validità di tall’atto ha promesso di prestare l’autorevole suo Decreto”. [8]
Il 3 luglio 1766 l’Accademia de’ Filarmonici celebrò il centenario della sua fondazione con una grande messa solenne nella chiesa di San Giovanni in Monte, in onore del Patrono Sant’Antonio da Padova, fatta seguire da un solenne Te Deum in rendimento di grazie, per deliberazione del 23 giugno 1766; il cronista Galeati anzi ricorda a tale proposito che, dopo i vespri solenni, una numerosa salva di mortaletti echeggiò in segno di giubilo su la pubblica piazza. [9] Un’altra celebrazione particolarmente nota è quella del 30 agosto 1770, in quando vi assistette lo storico inglese Charles Burney, che ne ha lasciato una dettagliata descrizione. Erano presenti anche Wolfgang Amadeus Mozart e suo padre Leopold; scrive il Burney:
“Avrei voluto partire il giorno seguente, il 29, per Firenze; mi era però stato detto da parecchie persone che giovedì 30 doveva aver luogo a Bologna un grande concerto, il più importante dell’anno, il che mi fu confermato anche da Padre Martini il quale mi convinse che, dato lo scopo del mio viaggio, sarebbe stato un peccato rinunciarvi […] egli non intendeva recarvisi poiché, essendo i membri della Società Filarmonica quasi tutti suoi allievi, desiderava conoscere il giudizio imparziale di un esperto del tutto estraneo agli esecutori. Mi recai in S. Giovanni in Monte […] C’era molta gente tra cui il Dottor Gentili, e tra gli altri dovevo incontrare nientemeno che il celebre piccolo tedesco Mozart, che nel 1766 a Londra aveva stupito tutti gli ascoltatori col suo precoce talento musicale, quando egli era appena uscito dall’infanzia. Dacché egli è in Italia, è stato ammirato assai a Roma e a Napoli, e decorato dello Sperone d’oro dal Papa. Era una specie di gara di abilità tra i compositori di questa città, membri della celebre Società Filarmonica […] Quest’anno il Principe o Presidente era il Signor Petronio Lanzi. L’orchestra era assai numerosa, composta di circa cento esecutori, tra voci e strumenti. Vi sono nella chiesa due grandi organi, uno ad ogni lato del coro; ed oltre a questi ne fu aggiunto per l’occasione uno piccolo di fronte, proprio alle spalle del compositore e dei cantanti. Gli esecutori stavano in una galleria che formava un semicerchio intorno al coro […]. Erano presenti a questa esecuzione tutti i critici di Bologna e delle città vicine, e la chiesa era straordinariamente affollata. Nel complesso godetti assai di questo concerto; la varietà dello stile e il valore delle musiche erano tali da fare onore non soltanto alla Filarmonica, ma alla società stessa di Bologna che in ogni tempo é stata feconda di ingegni, e ha prodotto un gran numero di uomini di talento in tutte le arti”. [10]
La fama dell’Accademia si estendeva ovunque e il numero degli aspiranti al grado di maestro compositore, specie di Bologna, cresceva ogni giorno di più, a danno e pregiudizio dei maestri anziani, che da parecchi anni tenevano stabilmente le cappelle e chiese di Bologna e della sua Diocesi. Per questo motivo gli accademici vennero nella determinazione di fissare, senza derogare dalle antiche Costituzioni, un nuovo sistema di aggregazione: l’aspirante alla inscrizione nell’Ordine dei compositori e dei maestri di musica residente a Bologna, avrebbe dovuto per almeno un anno fare eseguire diverse sue composizioni in modo che il principe pro tempore, unitamente a due censori e ad altri maestri, potesse giudicare della sua abilità e cultura contrappuntistica nello stile ‘veramente ecclesiastico’. Oltre a ciò il candidato avrebbe dovuto presentarsi per tre volte ai maestri dell’Accademia, per dar saggio del suo valore nelle seguenti prove:
1)Antifona di canto fermo, proposta dalla commissione, a quattro o a cinque voci; 2) Soggetto di fuga a quattro o a cinque voci, sia reale, tonale o mista, lasciando facoltà al candidato d’introdurvi un contro-soggetto e contrappunto doppio all’ottava, alla quinta, alla quarta e loro replicati; 3)Pieno o grave a quattro o a cinque voci e versetto a voce sola con strumenti.
Venivano inoltre stabiliti tre ordini di maestri compositori, e cioè:
1)Numerari, maestri compositori che servivano stabilmente nelle chiese e diocesi di Bologna; 2)Sopranumerari, maestri che venivano chiamati per anzianità a coprire i posti resi vacanti per decesso o partenza da Bologna di qualche maestro numerario; 3)Onorari, dilettanti compositori, ragguardevoli per nascita e nobiltà. Gli aspiranti di fuori Bologna venivano aggregati all’ordine dei compositori alla Forastiera. [11]
Le nuove Leggi furono approvate nell’adunanza del 12 dicembre 1772, e poi confermate il 12 gennaio 1773, per grazia di Sua Santità Clemente XIV [12] e “per sentimento ed ordine supremo del nostro Eminentissimo Sig. Cardinale Vincenzo Malvezzi, Arcivescovo di Bologna e degnissimo Protettore dell’Accademia, sempre intento a beneficare, e promuovere, il decoro della medesima, e il vantaggio degli Accademici, singolarmente de’ Maestri, e compositori di essa”. [13]
È significativo il fatto che il 12 dicembre 1772, lo stesso giorno dell’approvazione delle nuove Leggi, Padre Martini presentò all’Accademia la proposta di redigere un Saggio fondamentale di Contrappunto. [14] Tale opera, che vide la luce in due volumi tra il 1774 e il 1775 con il titolo di Esemplare o sia saggio fondamentale pratico di contrappunto sopra il canto fermo, si configura come una sorta di manuale ad uso dei candidati per l’esame di ammissione all’Accademia in base alle nuove Leggi del 1772. Nella dedica al Cardinale Vincenzo Malvezzi, Martini afferma che la sua opera era stata da lui “intrapresa e a fine condotta” per ordine dello stesso Prelato. Ciò rende ancor più chiaro come fosse determinante la presenza del Cardinale Malvezzi in quegli anni che segnano il periodo forse più importante nella storia secolare dell’Accademia.
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[1] Vincenzo Malvezzi Bonfioli (Bologna 22/2/1715–Cento 3/12/1775), creato cardinale da Benedetto XIV il 26/11/1753, arcivescovo di Bologna dal 14/1/1754 al 3/12/1775)
[2] Accademia Filarmonica, Estratto autentico del Notaro Giuseppe Mattia Nanni, Atti e Carteggi, 1761.
[3] N. Morini, op. cit., p. 84–5.
[4] Verbale del 12 maggio 1762, Libro III dei Verbali, p. 73, p. 1
[5] Bologna, 13 luglio 1762
[6] Verbale del 13 gennaio 1763, Libro III dei Verbali, p. 1.
[7] Verbale del 28 aprile 1722, Libro II dei Verbali, p. 62.
[8] Verbale del 14 marzo 1768, Libro III dei Verbali, p. 76.
[9] D.M. Galeati, Diario di Bologna, Tomo X, c.27; Accademia Filarmonica, Titolo, Funzioni sacre, anno 1766.
[10] C. Burney, The present state of music in France and Italy, trad. ital. di E. Fubini, Viaggio musicale in Italia, Torino Edt, 1979, p. 195–99.
[11] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1773
[12] Vincenzo Antonio Ganganelli (Sant’Arcangelo di Romagna 31/10/1705–Roma 22/9/1774), creato cardinale da Clemente XIII il 24/6/1759, papa Clemente XIV dal 19/5/1769.
[13] Leggi / presentate dall’accademia / de’ filarmonici / All’Eminentissimo Sig. Cardinale / Vincenzo Malvezzi / arcivescovo di bologna, e protettore / della medesima / e da Lui confermate per l’approvazione, / e aggregazione / de’ compositori e maestri di musica In Bologna MDCCLXXIII. Per Lelio dalla Volpe Impressore dell’Instituto delle Scienze. Con Licenza de’ Superiori.
[14] Serie degli Uomini Illustri che fioriscono in Musica nella città di Bologna e singolarmente nella celebre Accademia de’ Filarmonici con un Saggio Fondamentale di contrappunto per quelli, che vogliono in essa aggregarsi.
Essendo il Cardinale Malvezzi partito per Roma nel 1774, prescelto da Clemente XIV a sostenere la carica di Pro-Datario, Sua Eminenza destinò a fare le sue veci, finché egli fosse stato lontano da Bologna, il conte Odoardo Pepoli, aggregato all’Accademia come compositore onorario; da allora il conte Pepoli, fino alla sua morte avvenuta nel 1801, assunse più volte la carica di Protettore in assenza del Cardinale preposto.
Il Cardinale Malvezzi morì il 3 dicembre 1775 e l’assemblea degli accademici deliberò di dedicargli solenni onoranze nella chiesa di San Giovanni in Monte:
“Ha proposto il Sig. Principe che stante la seguita morte dell’Emo Sig. Card.e Vincenzo Malvezzi Arcivescovo Protettore onde si è venuto al seguente partito: a chi pare, e piace, che si faccino li funerali per il Deffunto Emo S.r Cardinale Malvezzi Protettore con spesa di Lire 150 dia il voto bianco affermativo, e a chi pare in contrario lo dia nero negativo: e raccolte indi pubblicato il partito si è trovato ottenuto favorevole alla parte affermativa”. [1]
“Tutti li Ssri Congregati di unanime parere hanno determinato che si faccino le esequie per il Deffunto Emo Protettore nel giorno 14 del venturo marzo”. [2]
Il foglio Bologna del 19 marzo 1776 riporta:
“Tra le molte e solenni esequie alla chiarissima memoria dell’Em.mo Cardinale Arcivescovo Vincenzo Malvezzi, quelle segnatamente si sono distinte, che furono celebrate giovedì scorso nella chiesa de’ canonici Regolari Lateranensi di S. Giovanni in Monte da’ Signori Accademici Filarmonici, per dare una prova della loro riconoscenza a questo amorosissimo loro Protettore, che in ogni opportuna occasione ne ha mantenuti i diritti, procacciati i commodi, e accresciuti i vantaggi. Per tacerne le decorose condecorazioni nella vaghezza dell’apparato, nella simmetria della macchina sepolcrale, nella nobile illuminazione, nell’affollamento continuo di qualificato concorso, e nel gran numero di sacrifizi anche di persone distinte, fra le quali si degnò di portarvisi a celebrare l’Ill.mo e Rev.mo Mons. Andrea Giovannetti vescovo d’Imeria, e amministratore di questo Arcivescovato; quello che v’era di singolare, riguarda principalmente l’impegno, lo studio, e l’amore de’ Signori Accademici, che d’unanime consentimento s’eccitarono a gara, con esito così felice, che a memoria degl’intendenti non ricordasi musica più numerosa, più scelta, e più varia. Tredici furono i compositori, e duecento in circa le parti de musici, e suonatori, e non per questo dalla gran moltitudine restò punto turbato il buon ordine, e l’armonia”. [3]
Dopo la morte del Cardinale Arcivescovo Vincenzo Malvezzi, resasi temporaneamente vacante la carica arcivescovile della Diocesi di Bologna, fu sollecitata la protezione del Cardinale di origine bolognese Ignazio Boncompagni-Ludovisi, [4] che si trovava in città col titolo di Delegato delle Acque di Bologna, Ferrara e Ravenna; il proposito degli accademici era di vedere confermati i privilegi già concessi da Benedetto XIV:
“Inoltre è stato proposto dalla Sud.a Congregazione se si debba tener dietro alla Bolla della S.M. di Benedetto Lambertini, e tutti unitamente l’hanno accordato, acciò sia in tutto e per tutto accordata. In seguito di ciò si è determinato di fare un passo di convenienza con Mon Sig.e Vescovo di Bologna, stante che è sua incombenza di mantenere in vigore la suddetta Bolla, ed acciò non insorga nessuna sconvenienza hanno inoltre determinato di parlare su di ciò ancora all’Emo Sig. Cardinale Protettore, e dato che Mon Sig.e e il Sig.e Cardinale venghino in sentimento di mantenere in vigore la Bolla di Papa Benedetto XIV, s’obligano di osservarla in tutte e singole sue parti”. [5]
La tradizionale festa in onore del nuovo Protettore ebbe luogo in San Giovanni in Monte il 3 luglio 1776; la presenza del cardinale a questa celebrazione era una tradizione consolidata, come riferisce la cronaca del foglio Bologna:
“Riescì la medesima in quest’anno con pompa, e decoro maggiore del consueto, in occasione di essersi degnato ad imprenderne la Protezione della suddetta Accademia il soprannominato Sig. Cardinale Boncompagni-Ludovisi, vacante per la morte della B.M. dell’Emo Sig. Cardinale Vincenzo Malvezzi, Arcivescovo di questa Città; alla quale sacra funzione intervennero privatamente nella mattina in un coretto nobilmente apparato il suddetto Porporato nuovo Protettore, così pure l’Emo Sig. Cardinale Legato, [6] Sua Eccell. Rma Mon. Sig. Vice-Legato, e sua Eccell. Mon Sig. Erba Arciprete della Cattedrale di Milano. Si vide pertanto la Chiesa nobilmente e vagamente apparata fuor del costume e fuvvi una copiosa distribuzione di composizioni allusive al suddetto Emo Protettore. Si udirono nuove e sceltissime composizioni di eccellenti Maestri, eseguite dai migliori professori sì esteri che cittadini; e terminata la gran Missa fu cantato solenne Te Deum in rendimento di grazia all’Altissimo per la degnazione avuta da Sua Emza Rma di accettare una tale Protettoria, dopo cui fu dato fuoco ad una ben disposta ed ordinata numerosissima salva di mortaletti, essendo il tutto riuscito con piena soddisfazione ed aggradimento di quanti intevennero alla Sacra Funzione”. [7]
Sotto l’alta protezione del Cardinale Boncompagni-Ludovisi, l’Accademia Filarmonica confermò le sue prerogative di controllo sulla musica ecclesiastica, intensificandosi altresì i rapporti con la corte imperiale di Vienna, come testimoniano le lettere del poeta Metastasio da Vienna al celebre cantante Farinelli, che viveva allora a Bologna. Il 30 settembre 1776 Metastasio inviò in dono al Farinelli l’ode intitolata La deliziosa residenza di Schönbrunn, che incontrò generali approvazioni a Bologna e piacque particolarmente al Cardinale Boncompagni-Ludovisi. Grande amico e consigliere del Papa VI, il Cardinale organizzò l’incontro del Farinelli con il Pontefice, di passaggio a Bologna verso Vienna, proprio sulla soglia dell’abitazione del celebre cantante, il 12 marzo 1782. Se gli anni del Cardinale Boncompagni-Ludovisi furono quelli in cui più alta fu la fama dell’Accademia, tuttavia alcuni contrasti fra i vari accademici, dovuti da una parte al riaccendersi del dissidio tra i regolari e i laici, dall’altra a differenti interpretazioni che venivano date del Breve Papale del 1749, segnarono l’inizio di una momentanea pausa. L’esperienza aveva insegnato che la vita dell’Accademia poteva prosperare solo se vi era un equilibrio tra le sue varie componenti; inoltre la rivalità tra l’Accademia Filarmonica di Bologna e l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, contribuiva allo svilupparsi di diverse e contrastanti interpetazioni delle norme che dovevano regolare la musica ecclesiastica. Scorrendo i verbali dell’Accademia, veniamo così a conoscenza che il Cardinale Boncompagni Ludovisi intervenne a sedare alcuni contrasti:
“Da me segretario, per ordine dell’Emo Sig. Cardinale Protettore fu sposto alli Ssri Accademici di sopra radunati il commando di volere che ciascheduno accademico si rispetti in Accademia, come pure l’osservanza delle Costituzioni della medesima, qual comando è stato da li Ssri Accademici con la dovuta riverenza accettato”. [8]
Nella riunione del 10 dicembre 1777 si deliberò di inviare a Sua Santità Pio VI [9] una petizione con cui si chiedeva la conferma del Breve di Benedetto XIV del 1749. Ma alcuni accademici ritennero che la conferma del Breve andasse a favorire una fazione dell’Accademia; tale situazione portò il celebre Padre Martini addirittura a rinunciare al titolo di accademico filarmonico; lo stesso Padre Martini formalizzò la sua rinunicia alla presenza di un notaio, il 29 dicembre 1781:
“Io infrascritto, col consenso de’ miei superiori, rinunzio nelle mani del Sig. Gasparo Sacchetti Notaro Arcivescovile e del Convento sud.. di S. Francesco la Patente dell’Accademia de’ Filarmonici di Bologna dichiarandomi con tutte le formalità di non essere più in avenire nel Num.° e nel Catalogo de’ suddetti Accademici, né in qualità di semplice Accademico, né in qualità di Primo definitore, e perciò prego il sud.° sig. Gasparo Sacchetti ad autenticare legalmente tal mia rinunzia, e convalidarla con tutte le clausole necessarie, e opportune. In fede di che ho sottoscritta la presente di mia mano.
F. Gio. Battista Martini Min. Conventuale”. [10]
La morte del celebre maestro ricondusse l’Accademia all’unità, come testimonia la grandiosa messa funebre in suo onore del 2 dicembre 1784:
“E non è da passar sotto silenzio la grandiosa messa funebre celebrata il 2 dicembre 1784 nella chiesa di S. Giovanni in Monte a suffragio dell’anima dell’accademico maestro Padre Gio. Battista Martini, alla quale presero parte ben 184 esecutori; la funzione fu condecorata di due E.mi e R.emi Cardinali, Legato ed Arcivescovo, [11] prelati ed innumerevole concorso di nobiltà e popolo che non cessavano di ammirare la grandiosità di sì degna opera”. [12]
Alla morte del Cardinale Boncompagni-Ludovisi, l’assemblea dell’Accademia il giorno 16 agosto 1790 deliberò di decretare solenni onoranze all’illustre porporato:
“Dal Sig. Principe è stata manifestata la morte dell’Emo Sr. Cardle Boncompagni Protettore della nostra Accademia, a fine di stabilire il giorno de li suffragi, e destinate le intenzioni.
Li Sri Congregati udita l’informazione, hanno stabilito che il giorno da destinarsi nella prossima ventura settimana siano celebrati li suffragi soliti a praticarsi, e che si sono praticati con gli altri Emi Protettori, e segnatamente seguirà la scorta delli Funerali fatti in occasione della morte dell’Emo Alberoni ”. [13]
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[1] Verbale dell’11 dicembre 1775, Libro III dei Verbali, p. 48
[2] Verbale del 22 febbraio 1776, Libro III dei Verbali, p. 49.
[3] Bologna, 19 marzo 1776
[4] Ignazio Boncompagni Ludovisi (Roma 8/6/1743–Bagni di Lucca 9/8/1790), creato cardinale da Pio VI il 13/9/1775, Legato di Bologna dal 23/12/1777 al 12/7/1885, poi Segretario di stato vaticano.
[5] Verbale del 4 maggio 1776, Libro III dei Verbali, p. 52
[6] Antonio Colonna Branciforte (Palermo 28/1/1711–Agrigento 31/7/1786), creato cardinale da Clemente XIII il 26/9/1766, Legato di Bologna dal 26/6/1769 al 17/7/1777.
[7] Bologna, 9 luglio 1776
[8] Verbale del 18 luglio 1776, Libro III dei Verbali, p. 61
[9] Giovanni Angelo Braschi (Cesena 25/12/1717, Valence 29/8/1799), creato cardinale da Clemente XIV il 23/4/1773, Papa Pio VI dal 15/2/1775.
[10] cfr. G. Vecchi, Padre Martini e le Accademie, in La musica come arte e come scienza. Ricordando Padre Martini, A.M.I.S., Bologna, 1985, p. 153–187.
[11] Ignazio Boncompagni-Ludovisi e Andrea Gioannetti
[12] Bologna, 7 dicembre 1784
[13] Verbale del 16 agosto 1790, Libro IV dei Verbali, p. 83
Dopo circa un anno e mezzo dalla morte del Cardinale Boncompagni-Ludovisi, il 24 marzo 1792, l’Accademia Filarmonica, che già in passato era stata onorata delle premure dell’Arcivescovo di Bologna, Cardinale Gioannetti (in altre fonti: Giovanetti), [1] deliberò all’unanimità di rivolgersi a Lui per chiederne la Protezione:
“In seguito si è passato a parlare del bisogno di avere un Protettore, giacché dopo la morte dell’Emo Boncompagni non si è aciò finora pensato, e poscia fra li Ssri Accademici si è avuto in vista la persona del nostro Emo Sig. Cardinale Arcivescovo Giovanetti, ma siccome non si stava certi, che sia Egli era per accettare tale Protettorìa, hanno veduto conveniente di deputare assunti, che contestualmente si portino dall’Emo Porporato Sudd.o per rappresentarli il desiderio dell’Accademia, col quale effetto sono stati di unanime consenso pregati li Sri Tesei, Mazzoni, Cigognani e Rastrelli, li quali tosto partiti dall’Accademia, e quindi ritornati, hanno riferito d’avere l’Ema Sua Revma benignamente accolto la loro rappresentanza, e accettata la Sud.a Protettorìa, al ché uditosi da Ssri congregati, hanno a viva voce, e di unanime consenso acclamato l’Ema Rev.ma in Protettore della loro Accademia ed hanno pregato il Nobil Uomo S.r Con.e Giuseppe Adriano Carrati ed il Maestro Vignali Principe, perché si portino dall’E.S. a farle a nome dell’Accademia nostra i più dovuti ringraziamenti”. [2]
Il 31 marzo venne stabilito di onorare il nuovo Protettore in San Giovanni in Monte, e di chiedere al Cardinale l’approvazione di un nuovo Piano di sostentamento per gli accademici bisognosi:
“Atteso la benigna accordata protezione di S.E. Rev.ma il Sig. Cardinale Arcivescovo Gioannetti, è stato stabilito, che in occasione della festa solita in S.Antonio di Padova in ringraziamento all’Altissimo, ed in venerazione di tanto rispettabile Porporato si canti solenne Te Deum in musica […] Successivamente il principe è stato motivato di esibire all’E. Revma il Sig.r Cardinale nostro Protettore il Piano, o sia Stabilimento, già approvato dall’Accademia per il sollievo dei poveri Accademici, acciò sia approvato dall’Ema Sua, e acquisti forza di legge”. [3]
Ottenuta l’approvazione del Piano di sostentamento, il 19 aprile 1792 si decide di
“concretare una Supplica a Nostro Signore per una grazia a farsi a Signori Cantori e Sonatori da convalidarsi coll’autorevole mezzo dell’Emza sudd.a […] A chi delle Sue SS. pare e piace, che si ricorre in nome dell’Accademia a N.S., onde impetrare che vengano attribuite all’E.o R.o S.r Cardinale Protettore tutte le facoltà necessarie, ed opportune per obbligare tutti li Professori di Canto, sieno non Accademici, a prendere annualmente dall’Accademia la licenza di esercitare pubblicamente la loro professione, la qual licenza non si vorrà accordare se non previo un esperimento della loro abilità, ed un’annua contribuzione di Carli cinque, a favore della Cassa di sussidio per i poveri Accademici, ponga il suo voto bianco affermativo nel sì, e a chi pare e piace in contrario, lo ponga negativo nel no, e il Partito s’intende ottenuto per due terzi dei voti bianchi; apertosi il qual Partito, si è trovato favorevole per voti bianchi 26 e dodici neri”. [4]
Da queste brevi note, bene si evidenzia come il Protettore fosse la più alta e incontestabile autorità dell’Accademia. Il ritratto del Cardinale Gioannetti fu commissionato dai filarmonici al pittore Valiani, e si trova oggi all’ingresso della Sala Mozart dell’Accademia:
“Finalmente, essendosi il Sig.r Valiani Pittore esibito di far il ritratto dell’Emo nostro Protettore presente, cosa che è stata gratissima alli Sri accademici, li quali volendo la loro gratitudine, di unanime consenso, ad una voce hanno creato lo stesso Sig. Valiani Accademico Filarmonico nella classe dei Sonatori”. [5]
La cerimonia di ringraziamento in omaggio al nuovo protettore ebbe luogo a San Giovanni in Monte il 23 novembre 1792.
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[1] Andrea Gioannetti (Bologna 6/1/1722–8/4/1800), creato cardinale da Pio VI il 23/6/1777, arcivescovo di Bologna dal 15/12/1777 all’8/4/1800)
[2] Verbale del 24 marzo 1792, Libro IV dei Verbali, p. 101–102
[3] Verbale del 31 marzo 1792, Libro IV dei Verbali, p. 104.
[4] Verbale del 19 aprile 1792, Libro IV dei Verbali, p. 108.
[5] Verbale del 19 aprile 1792, Libro IV dei Verbali, p. 110.
Alla morte del Cardinale Protettore Gioannetti (8 aprile 1800), la carica fu assunta dal Vice-Protettore conte Odoardo Pepoli, fino alla sua morte, avvenuta nell’autunno 1801.[1] Dopo la morte di Gioannetti, la chiesa di Bologna attese circa 2 anni e mezzo prima di vedere nominato il suo nuovo Arcivescovo, Mons. Carlo Oppizzoni (20 novembre 1802). Intanto l’ascesa di Napoleone aveva scosso con violenza l’antica e storica istituzione; nel 1798 il Direttorio esecutivo della nuova Repubblica Cisalpina aveva decretato in data 29 ottobre (29 vendemmiale anno 6°), la consegna di tutti gli oggetti e i cimeli musicali risparmiati dalla soppressione delle corporazioni religiose, ad una Deputazione dell'Accademia Filarmonica, appositamente costituita, perché li custodisse nei locali del soppresso convento degli Agostiniani di S. Giacomo Maggiore (oggi divenuta sede del Conservatorio di Musica); all'Accademia Filarmonica di Bologna era stato poi commissionato un piano per una nuova Scuola di musica, che fu approvato dal Consiglio Comunale di Bologna nelle sedute del 26 e 28 aprile 1804. La secolare Accademia fondò così una scuola per l’insegnamento pubblico della musica, che venne inaugurata nei locali del convento di San Giacomo Maggiore col nome di ‘Liceo Filarmonico’ il 30 novembre 1804; e i suoi primi insegnanti furono tutti Accademici. In questo nuovo contesto l’Accademia poté godere dell’appoggio di Giovanni Aldini, delegato dell’Amministrazione Centrale della Repubblica Cisalpina, che si era adoperato per il beneficio e la conservazione dell’istituto. Negli anni di dominio napoleonico, mancando il tradizionale riferimento della Chiesa, l’Accademia si era adoperata per cercare un protettore che potesse tutelarne gli interessi, credendo di trovarlo in Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone e re di Spagna (1808–1813). Di questo proposito, non realizzato, troviamo documentazione nell’Archivio del Liceo Musicale, in una lettera dell’Accademico Francesco Barbieri e Giovanni Aldini del 6 agosto 1808:
“Giacché la presente fortunata combinazione d’avere S.A.J. Soccio di nostra Accad. si potrebbe a ragione, e forse con più felice successo pregarlo di esserne il Protettore, ed allora avressimo il doppio vantaggio, e per l’Accad. e per lo Stabilimento Filarmonico, che alla prima sua venuta in Bologna se gli farebbe conoscere, ed anche sentirne la felice riuscita. Anderemmo poi di concerto con V. S. nel procurare tutti i possibili vantaggi a questo Comunale Stabilimento di Musica colla valida Protezione di S. A. J. che potrà assicurarne, e l’ esistenza, e la sicurezza locale, ed anche sensibili accrescimenti. Sono certo che V. S. conoscendo dal evidenza che la sorte ci promette reali vantaggi procurandoci di fortunate combinazioni si adoprerà con me per prenderne partito, e così cooperare al vantaggio Patrio ed utilità della povera Professione di Musica”. [2]
Carlo Oppizzoni, [3] creato Cardinale nel 1804 da Pio VII, entrato in contrasto con Napoleone Bonaparte, aveva scelto di seguire il papa Pio VII nell’esilio francese imposto da Napoleone, in aperta condanna all’operato dell’imperatore. Sarebbe tornato a Bologna solamente nel 1814, accolto con entusiasmo dalla popolazione come martire e difensore della Chiesa. Acclamato protettore dell’Accademia Filarmonica, fu effigiato in un ritratto che ancora oggi campeggia nelle Sale dei Carrati dell’Accademia: è un magnifico dipinto, copia di uno consimile di Andrea Appiani conservato nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, che ritrae il giovane Porporato con in mano un foglio dove sta scritto:
Sua Emza e Rma Sig. Cardinale Carlo Oppizzoni
Arcivescovo di Bologna
Per l’Accademia Filarmonica
Tornata la città di Bologna sotto il dominio pontificio, fu creata nell’anno 1817 l’Assunteria di Pubblica Istruzione, composta da un Magistrato Presidente e da sei Consiglieri (tre nominati dall’Accademia Filarmonica e tre nominati dal Comune), alla quale venne affidata l’Amministrazione del Liceo Musicale; le cose procedettero bene sino a quando l’Accademia nel 1821, credendosi lesa in alcuni suoi diritti, contemplati nel piano di costituzione del 1804, particolarmente in fatto di nomine, ove è detto che “per queste è destinata l’Accademia Filarmonica a presentare una quadrupla di soggetti eleggibili”, insorse contro l’Amministrazione Comunale. Da questo fatto ebbe origine una lunga vertenza, durata parecchi anni, fra il Comune e l’Accademia Filarmonica, con grave danno della pubblica istruzione, giacché in questo frattempo vennero sospese dalla Legazione le nomine alle cattedre vacanti; il 26 gennaio 1822 venne letta in Consiglio comunale una Dichiarazione intorno alla richiesta dell’Accademia di restituzione di tradizionali privilegi sul Liceo, alla quale l’Accademia rispose con una relazione Al Cardinale Giuseppe Spina Legato, [4] per l’Accademia Filarmonica in punto di denegati privilegi, sul Liceo Filarmonico, contro il Consiglio Comunale. Il Cardinale Giuseppe Albani [5] si incaricò di risolvere la vertenza, e il 6 marzo 1826 firmò una Risoluzione che inviò al sindaco Francesco Bevilacqua, il quale però non si ritenne soddisfatto. Il 17 novembre 1826 il Legato Giovanni Battista Folicaldi inviò una lettera a Papa Leone XII [6] il quale, venuto a conoscenza della controversia, comandò “che s’imponga silenzio e si addotti il progetto di accomodamento, già proposto dal Cardinal Legato a sopimento di ogni quistione”, al quale, “tanto la Comunale Magistratura, quanto l’Accademia si facciano un preciso dovere di uniformarsi pienamente per l’indefettibile adempimento del progetto suddivisato”. [7] Il 19 settembre 1828 vennero quindi a cessare le Comunali Assunterie, onde ne derivò un Piano conciliativo dettato dal Cardinale Giuseppe Albani, il quale sarebbe andato a far parte dei nuovi Statuti e Regolamenti dell’Accademia Filarmonica, dati alle stampe nel 1843. Ma nel frattempo, banali discordie insorte tra i professori del Liceo e gli Accademici che appartenevano al Consiglio d’Arte, portarono alla sospensione dei saggi pubblici e degli esercizi settimanali, e questo stato di cose si sarebbe protratto fino a tutto il 1838 con grave pregiudizio della istruzione musicale. Nella sessione del Consiglio Comunale di Bologna del 4 gennaio 1839 venne acclamato il grande Gioacchino Rossini a Consulente Onorario perpetuo del Liceo musicale “onde venisse a concorrere nella specialità dei casi co’ suoi lumi e co’ suoi consigli al miglior corso e perfezionamento degli studi”; [8] all’ombra di un uomo così autorevole, cessò ogni spirito di parte e, come per incanto, furono sopite le contese private e le discordie fra l’Accademia Filarmonica e il Comune. Come si vedrà in seguito, il contrasto si sarebbe riaperto circa 20 anni dopo, quando l’Accademia avrebbe chiesto la restituzione dei beni musicali conservati nel Convento di San Giacomo (1863). L’autorità dell’Accademia per quanto riguarda la musica ecclesiastica rimase immutata in quegli anni; ne fanno fede le feste annuali in San Giovanni in Monte, che furono celebrate sempre con fasto solenne, ed alla presenza dei Cardinali Arcivescovo Carlo Oppizzoni e Legato Giuseppe Spina, come quella del luglio 1821:
“Nella chiesa parrocchiale di S, Giovanni in Monte dalli Signori Accademici Filarmonici si solennizzò nel giorno 12 corrente la festa del loro massimo Protettore S. Antonio di Padova; e nel successivo giorno 17 si celebrò per la prima volta con straordinaria pompa l’anniversario pei defunti accademici con Messa di Requiem, ciò che sarà anche negli anni avvenire praticato, compartita avendovi la graziosa sua placitazione l’Em.mo Sig. Cardinale Arcivescovo degnissimo Protettore dell’Accademia... Questa si rinnomata società ha negli enunciati incontri offerto luminosissimo argomento di non avere mai cessato di essere la depositaria e conservatrice di quell’antica classica scuola che procacciò tanto lustro alla patria nostra, ed a sé stessa per tutta Europa tanta celebrità. Quante lodi non sono debite all’egregio Sig. maestro Tommaso Marchesi Principe e moderatore in quest’anno dell’Accademia! Al di lui zelo infaticabile deve principalmente ripetersi il decoro veramente esemplare e la splendidezza con che sonosi le memorate sacre cerimonie compiute... L’orchestra poi elettissima, e numerosissima di professori, non ché il lungo stuolo di cantanti crebbero dignità, ed assai giovarono all’esatta esecuzione della musica. La prima delle accennate sacre funzioni venne onorata dalla presenza dell’Em.mo Sig. Cardinale Legato. Ad entrambe il popolo accorsovi fu immenso...”. [9]
Dell’importanza del diploma che l’Accademia rilasciava per poter concorrere alla nomina di Maestro di cappella non è fuori luogo ricordare che resasi vacante la carica di Maestro della Basilica di San Petronio per la morte dell’insigne maestro padre Stanislao Mattei, l’Amministrazione della Rev. Fabbrica di San Petronio bandì un concorso con notificazione a stampa del 17 maggio 1825, in cui, oltre alle clausole solite, era tassativamente prescritto “che non potrà aver effetto la scelta, quando i concorrenti non siano stati abilitati e approvati per idonei dall’Accademia Filarmonica di Bologna”. [10] La Municipalità il 16 giugno 1825 stabilì che i maestri di cappella dovevano essere sempre accademici filarmonici. In quegli anni furono innumerevoli gli interventi del Cardinale Oppizzoni nell’ambito dell’Accademia Filarmonica; in alcune circostanze egli intervenne a sedare le non infrequenti diatribe fra accademici:
“Si è letta una lettera dell’Emo Sig. Card.le Arcivescovo Protettore colla quale confortando alla pace ed alla concordia mostra desiderio, che prima si divenghi a veruna Statutaria risoluzione siano adoperati gli uomini di pace al conseguimento di tale scopo. Venerando l’Accademia i consigli dell’Emo Porporato invita i Ssri Conservatori della Pace a praticare ogni più energico e persuadente ufficio verso gli oppositori onde vedere di farli capaci dell’errore in cui sono, e condurli ad imitare l’esempio del Mro Padre Mattei rispettato loro Maestro. In difetto l’Accademia additerà quei provvedimenti che lo Statuto saprà nello stato delle cose consigliare. Di che si darà riscontro parte alla prefata Emza Rma con lettura di Ufficio”. [11]
I vecchi Statuti dell’Accademia apparivano ormai obsoleti, e dopo alcuni anni di studio, nella sessione del corpo accademico tenuta il 7 gennaio 1843, fra gli accademici intervenuti figurava Gioacchino Rossini, vennero approvati, dopo regolare scrutinio e ballottazione segreta, i nuovi Statuti e regolamenti dell’Accademia Filarmonica di Bologna, compilati sulle basi degli antichi Statuti dell’Accademia approvati dal Cardinale Ottoboni (1721), quanto delle successive Leggi presentate dall’Accademia stessa al Cardinale Arcivescovo Vincenzo Malvezzi e da esso confermate (1773). Con gli Statuti promulgati nel 1843, compilati dal celebre giureconsulto Rinaldo Bajetti, consulente legale dell’Accademia, s’intese esprimere con maggiore chiarezza e brevità le antiche disposizioni statutarie, dando alle medesime un maggior ordine, con l’aggiunta di tutte quelle riforme e modificazioni che la consuetudine aveva introdotte, o che per esperienza furono riconosciute assolutamente necessarie. I nuovi Statuti furono sanzionati dal Cardinale Arcivescovo Carlo Oppizzoni, Protettore perpetuo dell’Accademia, che fu presente ed aprì i lavori dell’assemblea del 7 gennaio:
“Dinnanzi S.E. il Signor Cardinale Carlo Oppizzoni Arcivescovo e Protettore del’Accademia Filarmonica si raduna nella consueta sua residenza l’Accademia medesima […] Non solo è piaciuto all’Emza Sig.r Cardinale Protettore di onorare di sua presenza questa solenne radunanza, che Egli stesso ne apre la sessione con breve discorso, rammentando come le cose tutte figlie dell’umano intendimento vanno sottoposte all’attrito del tempo, e come col variare dei capi e delle circostanze vengano progressivamente a perdere quell’efficacia che nel loro nascere possedevano (intendendo così accennare le leggi che governano le Società istituite e chiamate a mantenere in onore le scienze e le arti), conchiudendo essere d’uopo di rivocarle di tratto in tratto presso la loro sorgente, accomodandole però ai nuovi bisogni ed occorrenze. Commenda infine il divisamento dell’Accademia di ridurre il proprio Statuto a migliore e più chiaro ordinamento, per così tenere lungi quelle non esatte interpretazioni che per avventura conducessero nell’errore. Universalmente applaudito è il parlare dell’Emo Porporato, cui sussegue la lettura del riordinato Statuto”. [12]
L’approvazione del Cardinale protettore dell’Accademia sanciva così in forma ufficiale, secondo la tradizione, i nuovi regolamenti accademici; sul frontespizio dei nuovi Statuti si leggeva:
“I presenti STATUTI sono stati compilati sulle basi tanto degli antichi Statuti ovvero Costituzioni dell’Accademia Filarmonica stampati già in Bologna nell’anno 1721, quanto delle successive Leggi presentate dalla detta Accademia al fu Eminentissimo Cardinale Arcivescovo VINCENZO MALVEZZI e da esso lui confermate, stampate pure in Bologna l’anno 1773. Soltanto sonosi espresse con maggiore brevità e precisione le prefate antiche disposizioni statutarie; si è dato alle medesime un miglior ordine, e vi sono poi state aggiunte tutte quelle riforme e modificazioni, le quali o la consuetudine avea già introdotte, o che nel corso del tempo e per esperienza furono riconosciute assolutamente necessarie. Essi Statuti vennero approvati dal Corpo Accademico in regolare Sessione tenuta il giorno 7 Gennaro 1843, e sanzionati poscia dall’Eminentissimo Signor Cardinale Arcivescovo CARLO OPPIZZONI Protettore Perpetuo dell’Accademia, mediante decreto segnato il giorno stesso”. [13]
Negli Statuti del 1843, la figura del Protettore veniva trattata nell’art. 30, del Capitolo III, Delle Dignità e Cariche Accademiche tanto stabili che annuali:
“L’Accademia ha un Protettore Perpetuo, e viene eletto a tale dignità e pregato ad accettarla qualche illustre ed Eminente Personaggio, al cui possente patrocinio rimane principalmente affidata la tutela dei diritti, delle prerogatove e dei privilegi, che già l’Accademia medesima seppe colla celebrità del proprio nome procacciarsi, e che segnatamente le furono conferiti dai Sommi Pontefici di gloriosa memoria Clemente XI, Benedetto XIV e Leone XII”. [14]
In due appositi paragrafi veniva specificato che gli Statuti ed ogni loro eventuale modificazione non avevano forza di Legge se non erano approvati dal Protettore, che era perciò il supremo garante istituzionale.
“Le aggiunte, modificazioni, o riforme agli Statuti, sebbene decretate dal Corpo Accademico, non acquisteranno forza di Legge obbligatoria se non se quando vengano sanzionate ed approvate dall’Eminentissimo Cardinale Arcivescovo pro-tempore della Città di Bologna. Per l’approvazione del prelodato Eminentissimo Cardinale Arcivescovo, tanto in tale sue qualità, quanto in quella di Protettore perpetuo dell’Accademia, conseguiranno vigore di legge accademica i presenti Statuti”. [15]
Come vedemmo nel corso di questa narrazione, l’Accademia Filarmonica intese sempre impedire e reprimere gli abusi derivanti da uno scorretto uso della musica nelle chiese, allorché la scienza del maestro non fosse debitamente comprovata; e perciò il Cardinale Oppizzoni, Arcivescovo di Bologna, con sua nota del 29 maggio 1843, n.405, riconfermò all’Accademia i privilegi già concessi da Papa Benedetto XIV, ricordando che,
“seguendo l’esempio antico, con circolare del 13 giugno 1823, fu ordinato che le musiche (eccettuate quelle che soglionsi fare annualmente nella chiesa di S. Giovanni in Monte di Bologna solennizzandosi la festa del Santo protettore S. Antonio da Padova) si dovevano dirigere dai soli maestri numerari, ai quali era accordata la privativa facoltà, secondo gli Statuti sanzionati da S.S. Clemente XI e Benedetto XIV”. [16]
Con ciò si riaffermava il ruolo pertinente all’Accademia Filarmonica di approvare i maestri di cappella, riconoscendo loro la qualifica di maestri numerari; la nota del Cardinale Oppizzoni si chiude nel modo seguente:
“Ricordiamo pertanto in pieno vigore la ricordata Circolare, ordiniamo ai Reverendi Parroci, Rettori, Amministratori di Luoghi Pii, e custodi di chiese delle città, come della diocesi, di non permettere musiche per qualsiasi funzione se non dirette da maestri numerari”. [17]
E per ribadire quanto disposto, il Cardinale Oppizzoni ordinò la pubblicazione del Breve di Benedetto XIV sulla Gazzetta di Bologna; inoltre, nel marzo 1854, in tutti i luoghi della città e della diocesi di Bologna, venne affissa una notifica con i nomi dei maestri numerari autorizzati dall’Accademia:
“Si pubblicano, con speciale autorizzazione di Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Arcivescovo, li nomi de’ Maestri compositori numerari di questo Istituto attualmente in Bologna, ai quali è attribuita l’esclusiva facoltà di predisporre, dirigere e battere le Musiche sacre in tutte quante le Chiese, Cappelle, ed Oratori di questa Città e Diocesi”. [18]
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[1] Verbale del 31 ottobre 1801, Libro IV dei Verbali, p. 226.
[2] Riportato in G. Sartori, Il Regio Conservatorio di Bologna, p. 170.
[3] Carlo Oppizzoni (Milano 15/4/1769–Bologna 13/4/1855), creato cardinale da Pio VII il 26/3/1804, arcivescovo di Bologna dal 20/9/1802 al 13/4/1855.
[4] Giuseppe Spina (Sarzana 11/3/1756–Roma 13/1128), creato cardinale da Pio VII il 23/2/1801, Legato di Bologna dall’11/8/1818 al 1824.
[5] Giuseppe Albani (Roma 13/9/1750–Pesaro 3/12/1834), creato cardinale da Pio VII il 23/2/1801, Legato di Bologna dal 10/12/1824 al 1829. Segretario di stato vaticano dal 1829 al 1831.
[6] Annibale Sermattei della Genga (Spoleto 22/8/1760–Roma 10/2/1829), creato cardinale da Pio VII l’8/3/1816, eletto Papa Leone XII dal 28/9/1823).
[7] Bologna, Accademia Filarmonica, Lett.V, Legato Folicaldi, 17 nov. 1826, n.9757.
[8] Estratto dall’adunanza consigliare del 4 gennaio 1839. Archivio Storico del Comune di Bologna, Atti del Consiglio, 1839, busta 1. Cfr. N. Morini, op. cit, p. 143–44.
[9] Gazzetta di Bologna, 4 agosto 1821
[10] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1825, Titolo 5.
[11] Verbale del 27 agosto 1827, Libro V dei Verbali, p. 168.
[12] Verbale del 7 gennaio 1843, Libro V dei verbali, p. 414.
[13] Statuti e Regolamenti dell’Accademia Filarmonica di Bologna, Bologna 1843, Tipografia Sassi e Fonderia Amoretti
[14] idem, p. 20.
[15] idem, p. 49.
[16] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1843
[17] ibidem
[18] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1854.
Nel Verbale del 10 giugno 1847, il Presidente Stefano Antonio Sarti, al termine del suo mandato, sollecitò l’Accademia ad organizzare una delegazione per incontrare il nuovo Pontefice Pio IX: [1]
“Pendono alcuni giudizi dinanzi la Curia Ecclesiastica contro vari arbitranti che si permisero contravvenire alle disposizioni del noto breve benedettino per la loro condanna al pagamento della incorsa multa, e furono fatte pratiche presso la Congregazione ed Accademia di Santa Cecilia in Roma perché tutte quante le concessioni che l’immortal Pio IX pure sia per concedere a quel corpo vengano benignamente estese eziandio al nostro, il quale non è certo secondo a niuno d’Europa. Non vi sia anzi il caso o Signori che vi rimembri avere la Congregazione suddetta non ha guari inviate al nuovo altissimo magnanimo Pontefice Sovrano Pio IX alcuni deputati tratti dal suo seno per umiliargli i sentimenti di venerazione e rispetto che quel Grande si merita, e questo ricordo a voi colla subordinata proposta che fosse eseguito altrettanto per parte dell’Accademia nostra, non mancando in Roma illustri Soci che possano assumere la onorevole incombenza di recarsi in nome dell’intera Società Filarmonica Bolognese ai piedi dell’adorato Sovrano per rendergli i dovuti omaggi […] indi l’Accademia, con indicibile piacere ordina che vengano officiati subito i quattro soggetti dal Sr: Mro Sarti a comporre in Roma la Deputazione da presentarsi all’augusto immortal Pio IX in nome dell’Accademia per tributargli omaggi di venerazione che quel grande infonde in tutta la popolazione”. [2]
Lo stesso giorno fu inviata a Roma una lettera ai quattro accademici Castelbarco, Rossi, Matteucci e Bornia, incaricati di recarsi dal Pontefice a nome dell’Accademia Filarmonica di Bologna. La Deputazione si recò dal Papa il 6 luglio, e con lettera del 10 luglio comunicò a Bologna che Pio IX, non solo aveva accondisceso alle richieste degli accademici, ma aveva accettato di includere “l’augusto Suo nome” nell’albo degli accademici onorari:
“Ci siamo trovati molto onorati per la commissione che l’inclita Accademia Filarmonica di Bologna ci ha voluto compartire, nominandoci Deputati per prestare un’atto di rispetto e di venerazione al nuovo ed immortale Pontefice Pio IX. La mattina pertanto del dì 6. Coor.e adempimmo all’onorevole incarico, e alle ore 12. Meridiane ci presentammo a Sua Santità, che cortesissimamente ci ricevette, e con molto piacere apprese i rispettosi sentimenti che l’inclita Accademia nutre verso la Sua Sacra Persona; e come si era creduta in dovere di tributarle un’atto di ossequio, implorando altresì la Sua protezione, nel modo medesimo con cui le sono stati propensi molti Pontefici predecessori. Sua Santità con quella ilarità e gentilezza che in modo preclaro Lo distinguono si degnò di accogliere i prenotati sentimenti, esternando la Sua favorevole opinione per un così antico e rispettabile stabilimento. Supplicata in fine di voler concedere all’Accademia musicale di Bologna l’onore stesso accordato a quella di Roma sotto l’invocazione di S. Cecilia, cioè, di potere iscrivere l’augusto Suo Nome nell’Albo Accademico, Sua Santità si degnò di aderirvi.
Terminato l’oggetto principale della missione, Sua Santità si compiacque intrattenersi seco noi, sopra parecchie notizie concernenti l’inclita Accademia, cioè a dire l’avere avuto per membri i chiari maestri Martini e Mattei, e l’essere a questi succeduto il tanto encomiato Rossini; e come mercé le loro cure ha progredito essa in bella fama, e molto apprezzata si trova presso l’universale. Il Santo Padre impartì la Sua Benedizione sopra l’Accademia che noi rappresentavamo, e quindi partimmo lieti che la nostra missione avesse ottenuto il più pieno successo, ed il gradimento di Sua Santità. Quindi abbiamo creduto opportuno di fare inferire sul foglio officiale di Roma l’articolo concernente l’udienza predetta, sì, perché si renda noto a tutti l’ossequio tributato dall’inclita Accademia, sì ancora perché sussista un documento perenne dell’onore che Sua Santità ha conceduto all’Accademia stessa, di poterla ascrivere fra i suoi socii […]”. [3]
Nell’assemblea del 16 luglio 1847,
“indicibile si dimostra il contento promosso nell’animo de’ convocati nell’udire, mediante il recentissimo foglio de’ Sig.ri Cav. Castelbarco, Matteucci, Mro Bornia e Prof. Rossi, l’insperata concessione che l’adorato pontefice Pio IX ha dato di poter inserire l’augusto Suo nome nell’albo degli Accademici onorari, e quindi il consesso riconoscendo procurata tale onorificenza all’Accademia dai sudd.i colleghi dinanzi al clemente incomparabile Sovrano, delibera che distintamente se gli abbiano a tributare ringraziamenti senza fine.
Non parendo mai sazia l’Accademia oggi sedente di ripetersi obbligata alle premurose sollecitudini de’ suoi Deputati per il conseguito onore pensa subito al modo di dimostrare più che a parole la sincera gratitudine che verso di loro conserva. Dopo varie proposizioni, quella che sovra l’altre prevale, si è di pregare la Deputazione a rimanere costituita invariabilmente Deputazione speciale dell’Accademia Filarmonica di Bologna in Roma per rappresentarla in ogni tempo in quella città”. [4]
Il 21 luglio 1847 la Gazzetta di Bologna pubblicava in prima pagina la nota seguente:
“L’Accademia Filarmonica di Bologna, che sino dalla sua prima instituzione ha dato bella prova di sé, procurando l’incremento dell’arte e della scienza musicale, si è creduta in dovere di tributare un atto di ossequio all’adorato nostro Pontefice PIO IX. Nominato pertanto per suoi Deputati S.E. il Signor Conte Cesare di Castelbarco, i Signori Cavalieri Domenico Matteucci, Maestro Filippo Bornia e Professore Luigi Rossi, soci tutti dell’Accademia suddetta, ebbero essi l’onore di essere ricevuti da Sua Santità la mattina del dì 6 del corrente mese, ed adempirono essi l’incarico, che dalla mentovata Accademia era stato a loro commesso. Accolse Sua Santità i rispettosi sentimenti espressi a nome dell’Accademia predetta, e si degnò di aderire alla dimanda umiliata che l’Accademia stessa possa iscrivere l’Augusto Suo Nome fra quelli dei suoi soci. Quindi piacque a Sua Beatitudine di intrattenersi al contempo co’ nominati deputati, addimostrando la favorevole opinione che nutre per l’Accademia suddetta; la Sua piena cognizione de’ molti soggetti d’illustre fama, che in guari tempi sono stati soci di essa; e come tuttora, mercé del preclaro nome de’ vari allievi e successori de’ precedenti, conservi una chiarissima fama fra le molte musicali accademie”.
Il 24 agosto si deliberò di celebrare una solenne funzione in San Giovanni in Monte, consistente
“nella Messa in musica, la esposizione del venerabile col canto dell’Inno Ambrosiano e la benedizione per impetrare la conservazione e prosperità di Sua Beatitudine, affinché possano compiersi i santi e generali suoi disegni in prò dello Stato e della Cristianità […] Sente tuttavia l’Accademia il bisogno di esprimere tutta la sua riconoscenza all’adorato Padre e Sovrano, e delibera quindi che se gli abbia ad umiliare analogo foglio, gentilmente incaricandosi S.S. I. e R. Mons. Battistini di farlo tenere a Sua Beatitudine per mano dell’Emo Spinola”. [5]
Il Cardinale Protettore dell’Accademia Carlo Oppizzoni ebbe un ruolo molto importante nella vicenda della proclamazione di Pio IX a Socio onorario; il 25 agosto il Presidente dell’Accademia Antonio Fabbri informò il Cardinale sulle iniziative intreprese per onorare il Pontefice:
“Mi reco a dovere di significare a V.E.R. che il Corpo Accademico ieri radunato deliberò di rendere pubblico solenne ringraziamento all’altissimo nella Chiesa di S. Gio. in Monte in un giorno feriale ai primi dell’entrante mese con messa in musica e Te Deum per la ricevuta Sovrana onorificenza dell’aggregazione all’Acc. di Sua Santità l’augusto regnante Pontefice Pio IX, soddisfacendogli all’inerente spesa colle spontanee offerte degli Accad. Residenti in Bologna”. [6]
Il 26 agosto 1847 il Cardinale Oppizzoni significò all’Accademia il suo compiacimento per le previste manifestazioni organizzate in onore del Papa:
“È ben giusto che l’alto onore compartito a questa Accademia Filarmonica di poter registrare nell’Albo degli Accademici l’Augusto nome del Sommo Pontefice e Sovrano Pio IX sia fatto palese con atti di pubblca dimostrazione. Quindi è commendevole il divisamento dell’Accademia, ed io lo approvo, che si canti nella chiesa di S. Gio. in Monte una Messa Solenne, e Te Deum in rendimento di grazie al Signore per la ricevuta Sovrana onorificenza. V.S. Illma quale Presidente dell’Accademia comunichi al corpo della medesima la presente, che è in risposta alla Sua direttami in data di ieri N. 283, e passo con vera stima a confermarmi
Di V.S. Illma
Carlo Oppizzoni” [7]
Il 16 settembre 1847 fu celebrata con grande pompa la Messa in onore di Pio IX a San Giovanni in Monte. La Gazzetta di Bologna del 17 settembre 1847 riporta:
“Ebbe luogo ieri nella Chiesa di S. Gio. in Monte con istraordinaria pompa e solennità una sacra funzione celebrata dagli Accademici Filarmonici per invocare dall’Altissimo la conservazione e prosperità dell’augusto Pontefice e Sovrano PIO IX, il quale per benigno suo tratto ha voluto onorare la Bolognese Accademia coll’assentire che l’Albo fregiato ne fosse coll’AUGUSTO SUO NOME. Decorosamente apparato quel sacro Tempio, risuonava di musicali religiosi concenti vocali e strumentali […] Assistettero alla solenne Messa ed alle successive preci e Te Deum l’E.mo e R.mo signor Cardinale Luigi Amat [8] Legato Apostolico di questa Città e Provincia, l’E.mo e R.mo signor Card. Carlo Oppizzoni Arcivescovo, e zelantissimo Protettore di quel Filarmonico Istituto, S.E. il sig. Marchese Comm. Francesco Guidotti Senatore, l’Eccelsa Magistratura Comunitativa, la Pontificia Accademia di Belle Arti, ed in grandissimo numero la Bolognese Popolazione ivi accorsa riverente a pregare per l’amoroso adorato suo Sovrano”. [9]
Il 29 settembre 1847 il Presidente dell’Accademia indirizzò a Papa Pio IX la lettera seguente:
“Beatissimo Padre
L’Accademia Filarmonica di Bologna penetrata di gratitudine e di gioja per la grazia ottenuta dalla Santità vostra allorché si degnò impartirle la sua benedizione e permetterle a un tempo che il suo Gran Nome fregiasse il di lei Albo, sente il dovere ed il bisogno di esprimere la propria riconoscienza al suo adorato Padre e Sovrano. I fasti della felsinea musicale Accademia a null’altra seconda per antichità e rinomanza, contano molte pagine gloriose: ma nessuna potrà mai pareggiare quella che addita ai viventi, e additerà ai posteri l’atto di benignità che si degnò impartirle il più venerato de’ Pontefici, il più glorioso e magnanimo de’ regnanti. Perciò tutti quelli che appartengono a questo Corpo, gran parte de’ quali hanno la felicità di essere e di potersi vantare sudditi di sì gran Principe, nel tributare alla Santità Vostra innumerevoli grazie per la ricevuta onorificenza, non credono di poter meglio esprimere i senso d’illimitata devozione e gratitudine da cui sono animati, se non se coll’impetrare dall’Altissimo la continuazione de’ speciali suoi favori, affinché possano condursi a compimento i santi e generali disegni di Vostra Beatitudine in pro della patria e dell’Orbe Cattolica. Invocando di nuovo la pastorale benedizione la Filarmonica Società si prostra ai santi piedi col più profondo ossequio.
Della Santità Vostra
Il Presidente
umilissimo e devotissimo suddito
M° Antonio Fabbri”. [10]
Pio IX fece pervenire agli Accademici una lettera di ringraziamento, come si legge nel verbale 18 dicembre 1847:
“Anche in questa tornata ha motivo l’accademia di andar lieta per la benignità con cui l’augusto ed immortale Sovrano il IX Pio ha accolto l’ossequioso rendimento di grazie che l’Accademia stessa deliberò di fargli a mezzo di apposito foglio. Ne porge di ciò certezza la lettera scritta in proposito dal Card. Protettore di Bologna Emo Mezzofanti [11] indirizzata al Padre Spirituale dell’Accad. Monsignor Gio. M° Battistini, la quale in copia gelosamente si conserverà in atti”. [12]
Negli anni successivi, il rapporto dell’Accademia con la Chiesa e lo Stato Pontificio fu molto stretto. La Deputazione romana si recò più di una volta dal Papa per presentargli i suoi omaggi. Il 21 settembre 1852 ebbe luogo una Messa solenne nella Chiesa Metropolitana di San Pietro a Bologna, in occasione del 50° anniversario della consacrazione di Carlo Oppizzoni ad Arcivescovo della città. L’Accademia Filarmonica, con una delibera unanime del 3 settembre 1852, organizzò e diresse le musiche in onore del suo Protettore:
“Il mattino del 21 settembre fin dalle prime ore la folla del popolo cominciò ad accalcarsi nel Tempio Metropolitano messo a pompa di nobilissimo parato […] Prima dell’ora undecima cominciava la solenne Messa, che celebravasi da quel Monsignor prevosto, e nel tempo di questa fu picciola la vastità del Tempio alla folla accorsa. La grande musica, che l’accompagnava, si volle eseguire dall’illustre Accademia Filarmonica nostra che l’inclito Porporato ebbe mai sempre amorosissimo Proteggitore […] vi assistevano da apposite tribune gli Eminentissimi e Reverendissimi signori Cardinali Chiarissimo Falconieri, [13] Arcivescovo di Ravenna, Luigi Vannicelli Casoni, [14] Arcivescovo di Ferrara, e Gaetano Baluffi, [15] Arcivescovo Vescovo di Imola qui espressamente recatisi nella fausta circostanza; ed eran con essi Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Gaspare Grassellini, Commissario Straordinario nelle Legazioni e Pro-Legato di Bologna […]”. [16]
Nel marzo 1853, il dott. Gioacchino Barilli lasciò in eredità all’Accademia Filarmonica di Bologna il suo palazzo di Via Cartoleria Vecchia, dove l’istituzione aveva sede sin dalla sua fondazione. L’Accademia gli decretò un solenne funerale, e seppe conseguire da Papa Pio IX, grazie all’intervento della Curia romana, l’esonero dalla tassa di registro. Ancora oggi all’ingresso dell’Accademia si trova un busto del Barilli, soprastante la inscrizione seguente:
a / gioacchino barilli / che alla sapienza d’ippocrate / legava l’amore ad euterpe / donando questa casa / all’accademia filarmonica / di cui era / socio onorario / ne trasse pegno / di / gratitudine e di ammirazione.
Nel Verbale del 14 agosto 1853 furono altresì proclamati membri onorari il Cardinale Raffaele Fornari [17] e il Cardinale Giacomo Antonelli: [18]
“Saputosi che S. Santità si è degnato di far ragione alla supplica indirizzatagli per l’esonero della tassa di registro relativa al noto legato Barilli, si delibera che avutane dall’Ufficio del registro stesso l’ufficiale partecipazione s’abbia ad umiliare al Santo Sovrano rispettosi atti di riconoscenza e gratitudine […] Per unanimi voti ed acclamazioni è poi determinato che si abbia a mezzo di S. E. R. il S. Cardinale Arcivescovo di spedire all’Ema S. Cardinale Fornari Prefetto de’ Studi la patente di aggregazione, e ugualmente a mezzo di Monsignor Commis.o P. Legato Grassellini la patente di Accademico per l’Emo Antonelli, Segretario di Stato”. [19]
Nell’assemblea successiva del 24 settembre 1853 furono pure proclamati membri onorari Monsignor Andrea De Simoni e Monsignor Gaspare Grassellini, i quali si erano degnati “di informare favorevolissimamente li Dicasteri di Roma intorno alla dimanda dell’esonero delle tasse di registro, fatte dall’Accademia per il legato Barilli”. [20]
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[1] Giovanni Mastai Ferretti (Senigallia 13/5/1795–Roma 7/2/1878), creato cardinale da Gregorio XVI il 14/12/1840, Papa Pio IX dal 16/6/1846.
[2] Verbale del 10 giugno 1847, Libro VI dei Verbali, p. 49.
[3] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, Anno 1847.
[4] Verbale del 16 luglio 1847, Libro Vi dei Verbali, p. 56
[5] Verbale del 24 agosto 1847, Libro VI dei Verbali, p. 58. Ugo Pietro Spinola (Genova 23/6/1791–Roma 21/1/1858), creato cardinale da Gregorio XVI il 30/9/1831, Legato a Bologna nel 1833 e dal 1841 al 1844.
[6] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, Anno 1847.
[7] idem
[8] Luigi Amat (Sinnai, Cagliari, 20/6/1796–Roma, 30/3/1878), creato cardinale da il 19/5/1837, nunzio apostolico a Madrid, Legato in Romagna dal 19/12/1837 e Legato di Bologna dal 22/11/1846 al 1848.
[9] Gazzetta di Bologna, 17 settembre 1847.
[10] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, Anno 1847.
[11] Giuseppe Mezzofanti (Bologna 19/9/1774–Roma 13/3/1849), creato cardinale da Gregorio XVI il 12/2/1838), Prefetto delle Sacre Congregazioni.
[12] Verbale del 18 dicembre 1847, Libro VI dei Verbali, p. 63.
[13] Chiarissimo Falconieri Mellini (Roma 17/9/1794–Ravenna 22/8/1859), creato cardinale da Gregorio XVI il 12/2/1838.
[14] Luigi Vannicelli Casoni (Amelia, 16/4/1801, Roma 21/4/1877), creato cardinale da Gregorio XVI il 23/12/1839, Legato di Bologna dal 30/4/1844 al 1845.
[15] Gaetano Baluffi (Ancona 29/3/1788–Imola 11/11/1866), creato cardinale da Pio IX il 21/12/1846.
[16] Gazzetta di Bologna, 22 settembre 1852.
[17] Raffaele Fornari (Roma 23/1/1783–15/6/1854), creato cardinale da Pio IX il 30/9/1850.
[18] Giacomo Antonelli (Sonnino, 2/4/1806–Roma 6/11/1876), creato cardinale da Pio IX l’11/6/1847.
[19] Verbale del 14 agosto 1853, Libro VI dei Verbali, p. 136.
[20] Verbale del 24 settembre 1853, Libro VI dei Verbali, p. 140
Il Cardinale Oppizzoni morì nell’aprile 1855 e circa 6 mesi dopo, il 28 settembre di quell’anno, fu nominato Arcivescovo di Bologna Mons. Michele Viale-Prelà, [1] che si trovava a Vienna come nunzio apostolico; creato cardinale nel settembre 1856, Viale-Prelà giunse a Bologna solamente nel giorno di Ognissanti del 1856. Fu acclamato protettore dell’Accademia all’inizio del 1857.
Nell’Elenco dei Soci d’onore dell’Accademia Filarmonica del 1857, troviamo tra i residenti fuori Bologna il Cardinale Giacomo Antonelli, Segretario di Stato, il Cardinale Lodovico Altieri [2], Camerlengo di S.R.C., monsignor Gaetano Bedini, [3] Arcivescovo di Tebe, il cardinale Gaspare Grassellini, [4] già Pro-Legato di Bologna; tra i residenti in città monsignor Camillo Amici, [5] Commissario Straordinario Ponticifio e Pro-Legato di Bologna; nel 1858 fu pure acclamato accademico d’onore il Cardinale Giuseppe Milesi-Pironi-Ferretti, [6] Legato di Bologna; i rapporti con la Chiesa erano quindi eccellenti. La presenza dei Cardinali Ludovico Altieri e Giacomo Antonelli, vale a dire dei più influenti rappresentanti della Curia romana, sta a testimoniare il profondo legame che si era instaurato non solo con la Chiesa, ma con lo Stato Pontificio; inoltre l’Accademia continuava ad avere una grossa influenza sul Liceo Filarmonico: era quindi un periodo di grande prosperità per l’Istituzione.
Un evento eccezionale ebbe luogo a Bologna nel 1857: la visita in città del Papa Pio IX; nel verbale del 22 giugno 1857 viene riferito dei febbrili preparativi degli accademici a questo appuntamento e del tentativo, che purtroppo non potè realizzarsi, di invitare il Papa nella residenza accademica:
“Viene d’unanime sentimento de’ Ssri adunati risoluto che la nominata Deputazione si unisca per proporre se siavi mezzo e modo d’invitare la S.S. in qualche trattenimento musicale nella residenza accademica, e se questa per la sua angustia possa convenire. Viene pure stabilito che quando vi potesse avere luogo siano date dalla deputazione medesima le occorrenti disposizioni onde non si perda tempo con fare nuove convocazioni del Corpo”. [7]
La morte improvvisa del Cardinale Viale-Prelà, il 15 maggio 1860, proprio in concomitanza con gli avvenimenti che portarono all’unità d’Italia, resero vacante la carica di Arcivescovo di Bologna per alcuni anni. Gli accadimenti politici che ne seguirono influenzarono anche l’Accademia Filarmonica di Bologna che, dopo 170 anni, si trovò nell’impossibilità di avere un Protettore. Per supplire a quel riferimento che era venuto a mancare con la fine del Protettorato cardinalizio, si accrebbe come conseguenza il potere del Presidente dell’Accademia: per la prima volta dopo circa due secoli dalla fondazione, la carica del Presidente non fu rinnovata annualmente per sorteggio, e Filippo Vanduzzi, che era in carica dal 1862, fu riconfermato come fino al 1868. Vanduzzi si impegnò in un progetto molto arduo ma non impossibile: poiché il Sindaco di Bologna, cessato il governo pontificio, rappresentava la massima autorità cittadina, e poiché il Liceo Comunale dopo la partenza di Rossini si trovava in uno stato di penosa decadenza, il 20 dicembre 1863 egli indirizzò una lettera al sindaco conte Carlo Pepoli, proponendo che l’Accademia Filarmonica ritornasse a dirigere il Liceo, come era in origine, e chiedendo altresì la restituzione del Convento di San Giacomo e dei beni musicali in esso contenuti, secondo il Piano del 1804 e il successivo Regolamento del Cardinale Giuseppe Albani (1828) [8], al quale “pressoché mai la rappresentanza di questo Consiglio Comunale volle ad esso conformarsi”. Vanduzzi, che di regolamenti se ne intendeva, avendo promulgato come Presidente gli Statuti del 1842, così scriveva nella sua lettera indirizzata al sindaco Pepoli:
“In virtù di queste concessioni governative, gli Accademici si davano a raccogliere e a depositare nel luogo assegnato quanti oggetti musicali potevano essere salvati dalla furia delle vendite degli effetti nazionali. Si impossessavano quindi di squisiti strumenti ed attrezzi musicali, di molti libri corali, di una galleria di ritratti di nomi illustri della musica, [9] e dell’Archivio del celebre Padre Martini, uno dei più ricchi depositi musicali e dei più celebrati d’Europa, essendo fornito di oltre quattro mila composizioni di segnalati autori […] Quindi l’Accademia si fa a chiedere al Comune la restituzione del locale del Convento di S. Giacomo, di cui le compete l’uso per concessione di legittimo Governo; la restituzione dell’Archivio e delle altre cose musicali di cui per uguale concessione le spetta la proprietà; il compenso del non avere potuto per molti anni usare né del locale né delle dette cose di sua ragione, e nemmeno esercitare le prerogative che le erano attribuite dal Piano del 1804, e dal Regolamento del Cardinale Albani (1828)”. [10]
Il progetto non poté realizzarsi e l’Accademia andò incontro a un periodo di rinnovamento che si protrasse fino circa al 1880, quando il nuovo Presidente Federico Parisini, gettò le basi per un suo riconoscimento da parte dello Stato Italiano. Il 3 febbraio 1881, con il varo del nuovo Statuto, referente dell’Accademia Filarmonica divenne la monarchia Sabauda, che autorizzò l’antica istituzione a fregiarsi del titolo di Regia, titolo che per tradizione conserva ancora oggi.
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[1] Michele Viale Prelà (Torre Vecchia, Bastia, Corsica 29/9/1798–Bologna 15/5/1860), creato cardinale da Pio IX il 29/9/1856, arcivescovo di Bologna dal 28/9/1855 al 15/5/1860).
[2] Ludovico Altieri (Roma 17/7/1805–11/8/1867), creato cardinale da Gregorio XVI il 14/12/1840.
[3] Gaetano Bedini (Senigallia 15/5/1806–Viterbo 6/9/1864), Pro-legato a Bologna dal 1849, poi creato cardinale da Pio IX il 27/9/1861.
[4] Gaspare Grassellini (Palermo 19/1/1796–Frascati 1875), creato cardinale da Pio IX il 16/6/1856.
[5] Camillo Amici (Roma 1802–1/4/1877), Pro-Legato a Bologna dal 1856.
[6] Giuseppe Milesi-Pironi-Ferretti (Ancona 9/3/1817–Roma 2/8/1873), creato cardinale da Pio IX il 15/3/1858, ultimo Legato di Bologna, dal 15/3/1858 al 12/6/1859.
[7] Verbale del 22 giugno 1857, Libro VI dei Verbali, p. 192.
[8] Cfr. nota 85.
[9] I ritratti dei compositori membri dell’Accademia Filarmonica, ancor oggi conservati nel Civico Museo Bibliografico Musicale sono i seguenti: Gianbattista Casali (1740), Niccolò Jommelli (1741), Lorenzo Gibelli (1741), Antonio Mazzoni (1743), Carlo Agostino Zanolini (1748), Lorenzo Mariani (1751), Petronio Lanzi (1751), Gabriele Vignali (1755), Gregorio Ballabene (1755), Giuseppe Corsini (1758), G.Battista Consoni (1758), G.Callisto Zanotti (1758), Matteo Milani (1760), Antonio Rina (1761), Cristiano Lidarti (1761), Filippo Ghirardeschi (1761), Giovanni Marco Rutini (1762), Paolo Morelati (1763), Pietro Morandi (1764), Bernardino Ottani (1765), Antonio Toscani (1767), Vincenzo Olivieri (1767),G.Francesco Fortunati (1769), Wolfgang Amadeus Mozart (1770), Valerio Tesei (1771), Antonio Puccini (1771), Basili Francesco (1773), Ferdinando Bertoni (1773), Maria Rosa Coccia (1774), Giuseppe Cervellini (1775), Cristoforo Babbi (1776), Gian Domenico Perotti (1781), G.Battista Gajani (1781), Ferdinando Robuschi (1783), Giuseppe Gazzaniga (1785), Giuseppe Gajani (1787), Ottavio Bossi (1790).
[10] Lettera del Presidente dell’Accademia Filarmonica Filippo Vanduzzi al conte Carlo Pepoli R. Sindaco di Bologna (20 dicembre 1863).
L’Accademia continuava regolarmente a celebrare le feste di San Giovanni in Monte; si ricordano in particolare quelle dei giorni 3, 7 e 9 dicembre 1884 in occasione del primo Centenario della morte di Giovanni Battista Martini, con l’esecuzione della Grande messa in fa maggiore diretta da Luigi Mancinelli, e di due concerti vocali e strumentali datisi nella sede accademica, con discorsi di circostanza pronunciati dall’allora presidente Federico Parisini e dal segretario dell’Accademia Leonida Busi. In quella occasione le esecuzioni tennero conto delle indicazioni della Curia ecclesiastica, che non permetteva che in chiesa cantassero le donne, affidando così ai ragazzi le parti di contralto e soprano.
Se il contenzioso fra Stato italiano e Chiesa, successivo all’unità d’Italia, non permettava di proseguire nella tradizione del Protettorato da parte di un eminente porporato, tuttavia il rapporto con la chiesa bolognese era rimasto sempre molto vivo ed aperto a nuove forme di collaborazione. Nel 1886 il Presidente dell’Accademia Federico Parisini, assieme ad altri accademici, a testimonianza dell’impegno dell’Istituto nei confronti della promozione della musica sacra, fondò una Scuola Privata e Gratuita di Musica Sacra, della quale il Cardinale Arcivescovo di Bologna Battaglini divenne Protettore, [1] secondo l’antica usanza. Lo Statuto del 30 giugno 1886 specifica:
“Perciò i sottoscritti hanno creduto di far cosa generalmente gradita, unendosì in privata Società promotrice Direttrice di una Scuola di Musica Sacra in Bologna, in cui istruire gratuitamente Cantanti e Organisti. E fu loro di grande lusinga l’incoraggiamento avuto dall’E.mo Sig. Card. Battaglini nostro Arcivescovo, il quale benignamente accolse di divenire Protettore della nuova Istituzione. Ché anzi, in presenza di Lui si tennero alcune Adunanze in proposito, e fu formulato il Regolamento”. [2]
Ma i tempi stavano cambiando. Il Motu Proprio del 22 novembre 1903, definito dallo stesso Pontefice Pio X [3] Codice giuridico della Musica Sacra, fu una tappa determinante in quel cammino di Riforma della musica sacra che era iniziato verso il 1870, quando era stato fondato il Movimento Ceciliano. L’Arcivescovo di Bologna, Cardinale Domenico Svampa, [4] nel segnalare, tramite circolare del 14 gennaio 1904, il Motu Proprio all’attenzione di tutto il clero, ne fece rilevare la forza di legge, esprimendo inequivocabilmente l’intenzione che, nella propria diocesi, l’adempimento delle prescrizioni papali non fosse dilazionata oltre la Quaresima del medesimo anno (1904); nella seconda parte del documento, il Cardinale Svampa annunciava l’istituzione di una Commissione speciale per la Musica Sacra nell’Arcidiocesi:
“Sarà cura di questa commissione il preparare un apposito regolamento che a suo tempo verrà pubblicato, per poter perfettamente tradurre in atto, non solo i comandi, ma eziandio i desideri del S. Padre, tenuto conto delle consuetudini e delle circostanze locali”. [5]
Nella Commissione, secondo l’elenco in corpo alla stessa circolare, si rinveniva un gran numero di Accademici Filarmonici. Il 2 marzo 1904, il sollecito lavoro della Commissione permetteva al Cardinale Svampa di emettere l’Ordinanza sulla musica sacra nella quale si esortavano i Parroci e i Rettori delle Chiese della città e della Diocesi di Bologna ad adempiere con esattezza le norme contenute. La Messa funebre in Suffragio degli Accademici Defunti, celebrata in S. Giovanni in Monte il 5 maggio 1905, fu additata come esempio di osservanza dei dettami recentemente emanati dal Papa, e riscosse l’ammirazione e le congratulazioni della Commissione Arcivescovile:
“L’esempio dell’Insigne Istituto, che passando sopra a tradizioni e usi convenzionali, già tanto diffusi in mezzo a noi, è tornato sulla via maestra della pura musica vocale e polifonica, che ha la forza di un commento autorevolissimo alle recenti prescrizioni della suprema Autorità ecclesiastica sulla musica sacra, e dà luogo a sperare che alla riforma di essa richesta dalla Chiesa in nome della religione, non mancherà il valido concorso dei nostri maestri, portato in nome dell’arte”. [6]
L’Accademia, forte del riconoscimento della Curia, deliberò di avanzare richiesta affinché gli fossero, in qualche nuova forma, rinnovati gli antichi privilegi già concessigli da Benedetto XIV nel 1749:
“Si deve dar corso, dato il momento che è opportuno, con sollecitudine a tale pratica e così si raccomanda che il Presidente se ne occupi tosto presso l’Arcivescovo con una memoria che ricordi le antiche consuetudini e pervilegi già concessi a questo istituto […] Il segretario soggiunge che compilerà una speciale memoria da presentare a S.E. Mons. Giacomo della Chiesa basata su antichi documenti d’Archivio”. [7]
Il 5 agosto 1908 fu così inviata all’Arcivescovo Della Chiesa [8] la lettera seguente:
“Sino dall’anno 1749 questa R. Accademia Filarmonica desiderò di ottenere da S.S. Benedetto XIV quello stesso privilegio che Papa Clemente XI con Decreto del 9 settembre 1716 aveva attribuito alla Congregazione de’ Musici detta di S. Cecilia in Roma. Il qual privilegio consisteva in ciò che non fosse lecito ad alcun maestro, cantante o suonatore “di far musiche nelle Chiese senza avere prima, sostenendo un esperimento di idoneità riportata l’abilitazione e l’approvazione dell’Accademia dichiarando che ogni cantore o instromentista, il quale anderà a cantare o sonare a dette musiche da questa non approvati, sia penato in scudi tre per ciascuna volta che anderà a cantare o sonare, a dette musiche”.
E pertanto gli Accademici filarmonici si proponevano (così almeno va detto nel memoriale indirizzato al Pontefice) di “voler ristretta la musica delle Chiese entro i cattolici limiti di una devota maestà”. Il memoriale incontrò benevolo accoglimento presso il Pontefice che concesse agli Accademici il desiderato favore sanzionandolo con sua lettera a forma di Breve che incomincia con le parole “Demessas preces”, in data 22 febbraio 1749 [...]
E non solo col prementariato breve furono estesi all’Accademia di Bologna i privilegi della Congregazione di S.Cecilia in Roma, ma inoltre constituì il Principe dell’Accademia stessa Preside e regolatore di tutte le musiche che si facessero tanto nelle Chiese di Bologna che in quelle del suo contado, e Diocesi, affidando così ad esso la cura di vegliare per la decenza delle musiche e di approvare l’idoneità nei maestri. […]
Ma siccome il divieto contenuto nel breve pontificio si volle dare troppo poscerchia estensione pretendendo d’impedire ai sacerdoti la facoltà di usare per i divini uffici il canto cosidetto misto, e cioè a due voci con accompagnamento di organo, violoncello e contrabasso, per cui vivaci erano le proteste che venivano fatte dai parroci e dai capi di parecchi monasteri, Benedetto XIV saggiamente provvide con due decreti del 15 aprile 1750 accordando ai medesimi Sigg Preti il solo canto a due voci, tenore e basso, chiamato anche canto misto, canto più devoto ed uniforme alla maestà ecclesiastica, e che più d’ogni altro s’accosta al Canto della Cappella Pontificia, col solo accompagnamento dell’organo, violone e violoncello.
Tali superiori disposizioni, mercé l’appoggio autorevole degli E.mi Arcivescovi che furono a capo della Città e Diocesi di Bologna, furono in ogni tempo rispettate e non pochi furono i provvedimenti presi a carico de’ trasgressori. Odiernamente codeste varie disposizioni purtroppo non sono più rispettate e non si ricordano più. È doloroso notare. Le musiche ecclesiastiche sono affidate generalmente a dilettanti, sprovvisti la maggior parte di titoli e, quel che più importa, di ogni più elementare senso di arte; mentre i musicisti veri, muniti di titoli e che dalla sola professione musicale traggono vita e sostentamento sono dimenticati e messi in disparte.
A tale stato di cose questa R.Accademia, che conta pressoché due secoli e mezzo di gloriosa esistenza, e che ebbe a protettore gli E.mi Cardinali Ottoboni, Malvezzi, Opizzoni, non può rimanere sorda alle giuste rimostranze che le vengono fatte per parte di parecchi accademici musicisti di professione, e lo scrivente, in adempimento anche del voto già emesso dal Corpo accademico sulla sua adunanza delli 5 agosto decorso, fa vivi offici all’E. V. Rev.ma, perché siano prese in buona parte le osservazioni già sopra esposte, tutelando in certo modo gli interessi della classe dei musicisti di professione”. [9]
L’Arcivescovo Della Chiesa preferì non prendere posizione, e nell’adunanza del 5 aprile 1909 fu letta la sua lettera di risposta. Bisogna considerare che i tempi erano radicalmente mutati dal 1749, e che in città si era nel frattempo costituito il Liceo Musicale, allora diretto da uno dei più insigni e autorevoli compositori di musica sacra, Marco Enrico Bossi. Non era quindi possibile riconoscere il privilegio all’Accademia di regolare la musica in tutte le Chiese della Diocesi di Bologna senza un preventivo accordo tra l’Accademia stessa e il Liceo Musicale; alcuni accademici pensarono che l’accordo fosse possibile con l’elezione di Bossi a Presidente dell’Accademia Flarmonica; così il 26 aprile 1909 Marco Enrico Bossi, invitato ad inaugurare il nuovo organo della Sala da concerti dell’Accademia donato da Raffaele Santoli, venne proclamato accademico filarmonico onorario; la proclamazone avvenne non senza contrasti, alcuni la giudicarono inopportuna, e Bossi fece sapere che “ben si sarebbe prestato all'inugurazione dell'organo soltanto quando l'opera sua fosse adeguatamente compensata”.
Il 16 agosto 1909 si lesse in assemblea una lettera di Bossi in data 6 maggio 1909, in cui egli dichiarava di accettare la nomina onoraria:
“Le ragioni che mi rendevano riluttante ad accettare l'onorifica nomina decretatami dal Corpo Accademico nella sua seduta del 26 scorso aprile, avendo ceduto di fronte all'insistenze anche di cospicue autorità cittadine sono perciò in grado di sciogliere ogni riserva per dichiarare all'On. Presidenza della R. Accademia Filarmonica che accetto la nomina a Socio d'Onore considerandola conferitami soprattutto per l'ufficio che copro di Direttore del nostro Liceo Musicale”.
Alla fine di quello stesso 1909 Luigi Torchi, Presidente dell’Accademia sin dal 1894, si ritirò dal suo incarico, intendendo forse favorive l’elezione di Bossi a nuovo Presidente. Sorsero però alcune disparità di veduta fra gli accademici: il timore che affidare la Presidenza dell’Accademia Filarmonica al Direttore del Liceo Musicale, fatto del tutto nuovo nella sua storia, avrebbe potuto contribuire a limitare l’azione dell’Accademia stessa, fece prevalere i fautori dell’assoluta autonomia. Fu eletto Presidente Raffaele Santoli, che aveva fatto dono dell’organo ancora oggi conservato sul palco della Sala Mozart dell’Accademia.
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[1] Francesco Battaglini (Mirabello, Ferrara 13/3/1823–Barbiano, Bologna 8/7/1892), creato cardinale da Leone XIII il 27/7/1885, arcivescovo di Bologna dal 3/7/1882 all’8/7/1892.
[2] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1886.
[3] Giuseppe Sarto (Riese, Treviso 2/6/1835, Roma 20/8/1914), Papa Pio X dal 4/8/1903.
[4] Domenico Svampa (Montegranaro, Ascoli 13/6/1851–Bologna 10/8/1907), creato cardinale da Leone XIII il 18/5/1894, arcivescovo di Bologna dal 21/5/1894 al 10/8/1907.
[5] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1904. Cfr. R. Perotti, La musica sacra e il rinnoament liturgico-musicale nell’800 e primo ‘900 e l’opera svolta dall’Accademia Filarmonica di Bologna, Tesi di Magistero in musica sacra e canto gregoriano, Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, A.A. 1996–97, p. 316
[6] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1905
[7] Bologna, Accademia Filarmonica, Verbale del 5 agosto 1908.
[8] Giacomo Della Chiesa (Pegli, Genova 21/11/1854–Roma 22/1/1922), creato cardinale da Pio X il 25/5/1914, arcivescovo di Bologna dal 16/12/1907 al 3/9/1914), poi Papa Benedetto XV dal 6/9/1914.
[9] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1908
Voglia farsi interprete, Sigr Presidente, di questi miei sentimenti e a tutti gli accademici voglia far gradire l’espressione della mia riconoscenza e del mio cordiale saluto e l’augurio della benedizione di Dio sui cultori d’un arte che a Dio solleva, forte di ogni armonia”. [6]
Il 5 giugno 1932, in occasione del VII centenario delle morte di Sant’Antonio da Padova, protettore dell’Accademia, ebbe luogo in San Giovanni in Monte una solenne funzione religiosa celebrata dal Cardinale Nasalli Rocca. In quella occasione fu eseguita la composizione vincitrice di un Concorso nazionale per la composizione di una messa per coro ed organo, vinto da Mario Bruschettini di Torino. L’Avvenire del 7 giugno 1932 riportava:
“Alle 11 S.E. R.ma il nostro Cardinale G.B. Nasalli Rocca di Cornegliano fece il suo solenne ingresso nella Chiesa, ricevuto dal parroco, mons. Fagioli, e dai Monsignori partecipanti e, dopo avere benedetto con paterno gesto il popolo che si chinava al suo passaggio, si portò all’altare maggiore, ove vestiti i sacri paramenti si accinse a pontificare la Santa Messa […] Finita la celebrazione del pontificale, S.E. il Cardinale, dal trono, tenne un ispirato e paterno discorso, ricordando la vita del grande Santo ed augurando che vi sia sempre armonia delle anime e dello spirito nel nome di Dio per la salvezza del mondo”.
Il 16 giugno 1932 il Presidente dell’Accademia inviò la lettera seguente al Cardinale Nasalli Rocca:
“Em.za Rev.ma,
La messa solenne dall’Emza Vostra pontificata il 5 corr. nella Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni in Monte, nella occasione del VII° Centenario della morte del glorioso Protettore dell’Accademia Sant’Antonio di Padova, ha reso anche più solenne l’avvenimento che rimarrà indubbiamente memorabile ne’ fasti della nostra secolare Istituzione. E sono in particolar modo assai grato all’Em.za Vostra delle cortesi e lusinghiere parole pronunciate dall’Emza Vostra a termine della solenne cerimonia, parole che mentre ridondano a sommo onor nostro, saranno stimolo a perseverare sempre più nell’opera onde far rifulgere maggiormente le gloriose tradizioni della nostra secolare Istituzione. E per esprimere all’Emza Vostra tutta la mia riconoscenza e della Presidenza intera, che intese onorare in questa occasione il 25° anniversario di suo Episcopato, l’Accademia, che si onora di annoverarla fra gli Accademici d’onore, a mio mezzo officia l’Emza Vostra Rev.ma a degnarsi di accettare qui unita la modesta offerta di £ 500, che l’Emza Vostra vorrà devolvere a favore di quelle opere che più le staranno a cuore.
Con rinnovati sensi della mia più viva riconoscenza e dell’intero Corpo Presidenziale, porgo al’Emza Vostra i miei più rispettosi e devoti ossequi.
Dell’Emza Vostra Rva
Il Presidente
Amleto Zecchi”. [7]
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[1] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1925
[2] ibidem
[3] L’Avvenire d’Italia, 5 gennaio 1925
[4] Giovanni Battista Nasalli Rocca di Corneliano (Piacenza 27/8/1872–Bologna 13/3/1952), creato arcivescovo da Pio XI il 15/5/1923, arcivescovo di Bologna dal 21/11/1921 al 13/3/1952.
[5] Verbale del 12 febbraio 1925
[6] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi, 1925.
[7] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi 1932.
La presenza del Cardinale Arcivescovo di Bologna nell’Albo onorario dell’Accademia Filarmonica è una tradizione proseguita fino ad oggi, con la proclamazione di Giacomo Lercaro [1] il 3 ottobre 1954, di Antonio Poma [2] il 19 giugno 1969 e di Giacomo Biffi [3] il 7 aprile 2001. Tale presenza è testimoniata nei documenti coservati nell’archivio accademico; nel verbale dell’adunanza del 3 ottobre 1954, sotto la presidenza di Franco Alfano, si legge:
“Poiché è tradizione dell’Accademia che il Cardinale di Bologna sia iscritto nell’albo dei SOCI DI ONORE per doveroso rispetto alle origini ed ai riconoscimenti avuti dall’Accademia, il M° Franco Alfano propone la nomina dell’EMINENTISSIMO PRINCIPE CARDINALE GIACOMO LERCARO, Arcivescovo di Bologna. L’Assemblea applaude alla proposta del Presidente approvando all’unanimità ed entusiasticamente la iscrizione nell’ALBO D’ONORE”. [4]
Il 3 maggio 1969 il direttore ecclesiastico dell’Accademia Emilio Faggioli inviò al Cardinale Poma la lettera seguente:
“A Sua Eminenza rev.ma il sig. Card. ANTONIO POMA Arcivescovo di Bologna
Bologna, 3 maggio 1969
Eminenza Rev.ma,
Vogliate accogliere benevolmente la espressione di filiale compiacimento per la Vostra elevazione a membro del supremo Collegio cardinalizio, a nome della nostra Accademia filarmonica, che, da oltre tre secoli, contribuisce alla diffusione e valorizzazione della sana musica sublimata dal sentimento religioso di illustri Maestri elencati nel prezioso albo dei soci. La Accademia ha sempre goduto la benevolenza delle Autorità ecclesiastiche e civili, che hanno accolto il desiderio di annoverarle fra i nostri SOCI DI ONORE.
A nome del Consiglio, per personale incarico del Presidente prof. Benedetto Mazzacurati, mi permetto sperare che Vostra Eminenza voglia accogliere la richiesta di poterVi offrire la nomina per noi onorifica.
Vogliate intanto avvalorare, con la Vostra benedizione il nostro lavoro
Della Eminenza Vostra dev.mo figlio
Direttore ecclesiastico Emilio Faggioli”. [5]
Nell’adunanza del 19 giugno 1969, il Cardinale Antonio Poma fu proclamato Socio d’onore dell’Accademia:
“Il Segretario informa che dal riconoscimento della Accademia quale arbitra delle contese musicali da parte del Cardinale Pietro Ottoboni, il Corpo Accademico ha avuto l’onore di nominare a SOCI D’ONORE I CARDINALI ARCIVESCOVI DI BOLOGNA.
Poiché da parte dell’Eminentissimo Cardinale Antonio POMA che ha assunto la Porpora Cardinalizia il 31 Aprile 1969, ha fatto conoscere di gradire tale nomina, la Presidenza accademica ne propone la iscrizione nell’ALBO ACCADEMICO DEI SOCI D’ONORE a norma dell’Art.2 dello Statuto. Da parte dei presenti viene espresso in modo palese il gradimento per la proposta e il Presidente posta ai voti la proposta stessa ne ottiene l’approvazione all’unanimità”. [6]
Sul Resto del Carlino del 17 luglio 1969 fu pubblicato il seguente comunicato:
“NOMINE ACCADEMICHE ALLA FILARMONICA
Nella recente Assembla straordinaria il Corpo Accademico della antica e secolare Accademia Filarmonica di Bologna, seguendo la tradizione storica, ha avuto l’onore di nominare l’Eminentissimo Cardinale Antonio Poma, Arcivescovo di Bologna, SOCIO D’ONORE”.
All’aprirsi del nuovo XXI secolo, ricorrendo il 23 dicembre 2000 il Cinquantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale dell’Arcivescovo di Bologna, Sua Eminenza Cardinale Giacomo Biffi, l’assemblea dell’Accademia Filarmonica manifestava il desiderio di vedere inscritto all’Albo degli accademici onorari il nome dell’insigne Porporato. Nel Verbale del 7 aprile 2001 si legge:
“Il Vice presidente dell’Accademia Padre Albino Varotti, sul solco di una delle più illustri tradizioni accademiche, ha dedicato una sua composizione al Cardinale Arcivescovo S.E. Giacomo Biffi in occasione del 50° della sua Ordinazione sacerdotale. E poiché logico corollario a tale iniziativa era apparsa subito l’offerta e la consegna di tale dono musicale in occasione di una speciale cerimonia, a tutti è risultato chiaro che tale occasione non poteva che realizzarsi in uno con la celebrazione patronale alla fine della quale, in forma solenne consegnare a Sua Eminenza stessa il Diploma Accademico ad honorem. L’assemblea approva tale iniziativa, ed informata sulla data di tale cerimonia da fissare nelle immediate vicinanze del 13 giugno, ACCLAMA ALL’UNANIMITÀ ACCADEMICO AD HONOREM S.E. GIACOMO BIFFI CARDINALE ARCIVESCOVO DI BOLOGNA”. [7]
Il 2 maggio 2001 una delegazione dell’Accademia Filarmonica composta dal Rappresentante del Fondatore Arrigo Luca di Windegg, dal Presidente Fulvio Angius, dal Vice presidente Padre Albino Varotti, dal Direttore ecclesiastico Mons. Angelo Magagnoli, dal Segretario Giorgio Mescoli e e dal Consigliere Gianfranco Benfenati si recava a far visita al S.E. il Cardinale Giacomo Biffi, che manifestava tutto il suo compiacimento verso l’Accademia ed accettava di gran cuore la nomina a socio d’onore dell’antica istituzione. Il 16 giugno del 2001 alle ore 17 il Cardinale Biffi si recava all’Accademia Filarmonica per una visita di cortesia; alle ore 18 in San Giovanni in Monte, con gran concorso di pubblico, si teneva una solenne Messa celebrata dall’Eminente Porporato, seguita da concerto di musica sacra in suo onore, con musiche di Albino Varotti, Giacomo Antonio Perti e Giuseppe Maria Carretti, eseguite dalla Cappella Musicale Arcivescovile della basilica di San Petronio di Bologna diretta da Federico Salce. L’avvenimento ha avuto una notevole eco sui giornali bolognesi:
“È doveroso per me esprimere riconoscenza per l’onore di essere annoverato tra i membri dell’Accademia Filarmonica Bolognese, antica e illustre istituzione che da secoli dà fama e prestigio alla nostra città–. Sono parole espresse dal cardinale Giacomo Biffi, diventato socio onorario della Filarmonica, durante la messa celebrata ieri sera nella basilica di San Giovanni in Monte in occasione della festa del Protettore dell’Accademia Sant’Antonio da Padova. Tra i numerosi fedeli che hanno seguito la cerimonia c’erano anche il rettore dell’Università Pier Ugo Calzolari e l’Assessore alla Cultura Marina Deserti. Prima di arrivare in chiesa il cardinale ha visitato in forma privata l’archivio musicale e le sale dell’Accademia, dove ha espresso ancora la gioia di essere stato nominato socio onorario, un riconoscimento toccato prima di lui ad altri arcivescovi della città come Giacomo Lercaro (1956) e Antonio Poma (nel ’69), nonché a cardinali saliti poi al soglio pontificio. Alla Messa è seguito un concerto di musica sacra, con brani di Albino Varotti, Giacomo Antonio Perti e Giuseppe Maria Carretti eseguiti dalla Cappella Musicale Arcivescovile della basilica di San Petronio diretta da Federico Salce (m.am.).” [8]
La presenza di S.E. il Cardinale Giacomo Biffi nel consesso dei Filarmonici, all’inizio del nuovo secolo e del nuovo millennio, è un segno della continuità della tradizione dell’Accademia bolognese, che nel suo quarto secolo di vita mantiene ancora oggi vivi ed operanti i principi che ne furono all’origine, a salvaguardia della tradizione musicale bolognese, italiana e internazionale.
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[1] Giacomo Lercaro (Quinto, Genova 28/10/1891–San Lazzaro, Bologna 18/10/1976), creato cardinale da Pio XII il 12/1/1953, arcivescovo di Bologna dal 19/4/1952 al 12/2/1968)
[2] Antonio Poma (Villanterio, Pavia 12/6/1910–Bologna 24/9/1985), creato cardinale da Paolo VI il 24/4/1968, arcivescovo di Bologna dal 12/2/1968 all’11/2/1983.
[3] Giacomo Biffi (Milano 13/6/1928), creato cardinale dal Giovanni Paolo II il 25/5/1985, arcivescovo di Bologna dal 18/4/1984.
[4] Verbale del 3 ottobre 1954, Libri dei Verbali 1950–1969, p. 93–4.
[5] Bologna, Accademia Filarmonica, Atti e carteggi 1969
[6] Verbale del 19 giugno 1969, Libri dei Verbali 1950–1969, p. 321.
[7] Verbale del 7 aprile 2001
[8] La Repubblica, Bologna Cronaca, 17 giugno 2001.
Pietro Ottoboni (Roma 1667–1740), creato cardinale da Alessandro VIII nel 1689, fu mecenate delle arti. Protettore dell’Accademia (1713–1740).
Giulio Alberoni (Piacenza 21/5/1664–26/6/1752), creato cardinale da Clemente XI il 12/7/1717, primo ministro alla corte di Spagna, Legato a latere di Bologna dal 10/9/1740 al 19/9/1743. Protettore dell’Accademia (1741–1752).
Prospero Lambertini (Bologna 3/3/1675–Roma 3/5/1758), creato cardinale da Benedetto XIII il 19/12/1726, arcivescovo di Bologna dal 30/4/1731 al 14/1/1754, papa Benedetto XIV dal 17/8/1740. Protettore dell’Accademia (1752–1758).
Vincenzo Malvezzi Bonfioli (Bologna 22/2/1715–Cento 3/12/1775), creato cardinale da Benedetto XIV il 26/11/1753, arcivescovo di Bologna dal 14/1/1754 al 3/12/1775). Protettore dell’Accademia (1762–1775).
Ignazio Boncompagni Ludovisi (Roma 8/6/1743–Bagni di Lucca 9/8/1790), creato cardinale da Pio VI il 13/9/1775, Legato di Bologna dal 23/12/1777 al 12/7/1885, poi Segretario di stato vaticano. Protettore dell’Accademia (1776–1790).
Andrea Gioannetti (Bologna 6/1/1722–8/4/1800), creato cardinale da Pio VI il 23/6/1777, arcivescovo di Bologna dal 15/12/1777 all’8/4/1800). Protettore dell’Accademia (1792–1800).
Carlo Oppizzoni (Milano 15/4/1769–Bologna 13/4/1855), creato cardinale da Pio VII il 26/3/1804, arcivescovo di Bologna dal 20/9/1802 al 13/4/1855. Protettore dell’Accademia (1804–1855).
Michele Viale Prelà (Torre Vecchia, Bastia, Corsica 29/9/1798–Bologna 15/5/1860), creato cardinale da Pio IX il 29/9/1856, arcivescovo di Bologna dal 28/9/1855 al 15/5/1860). Protettore dell’Accademia (1857–1860).
Giovanni Mastai Ferretti (Senigallia 13/5/1795–Roma 7/2/1878), creato cardinale da Gregorio XVI il 14/12/1840, Papa Pio IX dal 16/6/1846. Socio d’onore dell’Accademia (1847).
Raffaele Fornari (Roma 23/1/1787–15/6/1854), creato cardinale da Pio IX il 30/9/1850. Prefetto degli Studi. Socio d’onore dell’Accademia (1853).
Giacomo Antonelli (Sonnino, 2/4/1806–Roma 6/11/1876), creato cardinale da Pio IX l’11/6/1847. Segretario di Stato Vaticano. Socio d’onore dell’Accademia (1853).
Gaspare Grassellini (Palermo 19/1/1796–Frascati 1875), creato cardinale da Pio IX nel 1856. Pro-legato di Bologna. Socio d’onore dell’Accademia (1853).
Ludovico Altieri (Roma 11/7/1805–11/8/1867), creato cardinale da Gregorio XVI il 14/2/1840. Camerlengo di S.R.C. Socio d’onore dell’Accademia (1853).
Gaetano Bedini (Senigallia 15/5/1806–Viterbo 6/9/1864), a Bologna dal 1849, poi creato cardinale da Pio IX il 27/9/1861. Socio d’onore dell’Accademia (1857).
Giuseppe Milesi-Pironi-Ferretti (Ancona 9/3/1817–Roma 2/8/1873), creato cardinale da Pio IX il 15/3/1858, ultimo Legato di Bologna, dal 15/3/1858 al 12/6/1859. Socio d’onore dell’Accademia (1857).
Giovanni Battista Nasalli Rocca (Piacenza 27/8/1872–Bologna 13/3/1952), creato arcivescovo da Pio XI il 15/5/1923, arcivescovo di Bologna dal 21/11/1921 al 13/3/1952. Socio d’onore dell’Accademia (1925).
Giacomo Lercaro (Quinto, Genova 28/10/1891–San Lazzaro, Bologna 18/10/1976), creato cardinale da Pio XII il 12/1/1953, arcivescovo di Bologna dal 19/4/1952 al 12/2/1968). Socio d’onore dell’Accademia (1956).
Antonio Poma (Villanterio, Pavia 12/6/1910–Bologna 24/9/1985), creato cardinale da Paolo VI il 24/4/1968, arcivescovo di Bologna dal 12/2/1968 all’11/2/1983. Socio d’onore dell’Accademia (1969).
Giacomo Biffi (Milano 13/6/1928), creato cardinale dal Giovanni Paolo II il 25/5/1985, arcivescovo di Bologna dal 18/4/1984. Socio d’onore dell’Accademia (2001).
Visite ufficiali documentate all’Accademia Filarmonica
Giulio Alberoni, legato (26 aprile 1743).
Carlo Oppizzoni, arcivescovo (7 gennaio 1843).
Giovanni Battista Nasalli Rocca, arcivescovo (4 gennaio 1925).
Giacomo Biffi, arcivescovo (16 giugno 2001).
Presenze ufficiali documentate alle funzioni dell’Accademia Filarmonica in San Giovanni in Monte
Giulio Alberoni, legato (16 giugno 1741).
Vincenzo Malvezzi, arcivescovo (8 luglio 1762).
Andrea Gioannetti, arcivescovo (19 marzo 1776, 2 dicembre 1784, 23 novembre 1792).
Ignazio Boncompagni-Ludovisi, legato (3 luglio 1776, 2 dicembre 1784).
Antonio Colonna Branciforte, legato (3 luglio 1776).
Giuseppe Spina, legato (17 luglio 1821).
Carlo Oppizzoni, arcivescovo (17 luglio 1821, 16 settembre 1847).
Luigi Amat, legato (16 settembre 1847).
Giovanni Battista Nasalli Rocca, arcivescovo (5 giugno 1932).
Giacomo Biffi, arcivescovo (16 giugno 2001).
Michele Angelo Bertalotti, Minuta Cronologia della / Nostra / Accademia de’ Filarmonici / di Bologna istituita dall’Ill.mo Sig.e Co.e Vincenzo Caratti, Bologna, Accademia Filarmonica, codice 245 (1721).
Olivo Penna, Cronologia, / o sia istoria generale / di questa Accademia / Sua Origine, e Successi in Essa / Dall’Anno MDCLXVI, che fu Fondata / Fatta con somma diligenza, e fatica / da me Olivo Penna / Campioniere di detta Accademia / l’anno MDCCXXXVI, 2 tomi, 1736.
G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, vol IX, Bologna, Stamp. S. Tommaso d’Aquino, 1794 (rist. Forni 1965).
Annibale Bertocchi, Notizie sulla Regia Accademia Filarmonica di Bologna, Bologna, Reale Tipografia 1897.
Tommaso Casini, La Diocesi di Bologna e i suoi Vescovi. Ricerche storiche, Bologna, Zanichelli 1917.
Nestore Morini, L’Accademia Filarmonica di Bologna (1666–1966) I, Fondazione e vicende storiche, Bologna, 1930; ristampa a cura di Giuseppe Vecchi, Bologna, Tamari 1967.
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Legati e Governatori dello Stato Pontificio (1550–1809), a cura di Christoph Weber, Roma, Ministero per i beni ambientali e architettonici, Uffucio centrale per i beni archivistici, 1994.
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Storia della Chiesa di Bologna, a cura di Paolo Prodi e Lorenzo Paolini, Istituto per la Storia della Chiesa di Bologna, Bergamo, Bolis, 1997.
Papi bolognesi e Papi a Bologna, a cura di Mario Fanti e Giancarlo Roversi, Bologna 2000.
Accademia Filarmonica di Bologna, a cura di Romano Vettori, Alfa Studio, Bologna 2001.
Un cordiale ringraziamento a Giuseppe Vecchi e Romano Vettori per la ricerca sui documenti nell’archivio dell’Accademia Filarmonica, a Luciano Meluzzi per le indicazioni sulla storia ecclesiastica, a Mons. Angelo Magagnoli per i documenti sulle Messe di San Giovanni in Monte.